Se fosse solo una questione di followers, Barack Obama avrebbe già vinto ampiamente la battaglia per la riconquista della Casa Bianca. Basta un’occhiata alle cifre: gli “amici” del presidente su Facebook sono oltre 28 milioni, quasi cinque volte in più rispetto a quelli di Mitt Romney, che ne ha appena 6 ed è surclassato anche dalla first lady Michelle (8 milioni e 200 mila). Per il candidato repubblicano, le cose vanno anche peggio su Twitter: un milione di seguaci contro i 19 del presidente.
Numeri che in teoria parlano molto chiaro, e che solo in parte sono messi in discussione dalle recenti rivelazioni di alcuni istituti di ricerca. Uno studio della Barracuda Labs lancia un sospetto sul capofila del Grand Old Party: i centomila nuovi adepti messi insieme nel breve volgere di un weekend sul sito del cinguettìo, sarebbero in gran parte “comprati”. Allo stesso modo, però, un rapporto della britannica Status People, ripreso dal New York Times, punta il dito sul capo della Casa Bianca: potrebbe aver pagato per “acquistare” il 70 per cento dei suoi seguaci su Twitter. Non è una novità che esistano imprese (molte hanno sede proprio negli Usa) che si dedicano a vendere followers sui social network. Lo fanno attraverso sofisticati programmi che permettono una crescita esponenziale dei seguaci, tanto rapida quanto fittizia.

E’ quello che viene definito, con una sorta di fatalistica rassegnazione, “incontrollabile meccanismo del web”. Nel tentativo di porre rimedio a questi inconvenienti, Twitter ha elaborato un programma, “twindex”, che serve a valutare il gradimento reale dei candidati analizzando il volume di attività e la popolarità degli account a loro collegati. Da questo studio, risulterebbe un vantaggio considerevole – 40 a 28 – a favore di Romney.

Lo staff presidenziale, comunque , confida pienamente nelle proprie capacità di mobilitare gli internauti: un lavoro che ha già dato ottimi frutti quattro anni fa, nelle prime elezioni in cui la Rete ha avuto un ruolo di primo piano. In questa occasione, il meccanismo di raccolta del consenso online è stato ulteriormente perfezionato, nella convinzione che possa risultare determinante. Secondo gli ultimi dati raccolti dal New York Times, gli strateghi della campagna di Obama hanno speso finora 36 milioni di dollari in pubblicità e iniziative di propaganda su Internet, contro i 10 milioni di Romney.

Il candidato democratico sembra molto più convinto dell’importanza del web, tanto che ha messo in campo una task force di oltre cento ingegneri informatici. E i risultati, stando al Pew Research Center, si cominciano a notare. Da un’analisi comparata condotta tra il 4 e il 17 giugno, risulta che lo staff di Obama ha pubblicato quattro volte più contenuti su Internet rispetto all’avversario, con una presenza capillare su tutte le principali piattaforme digitali (comprese Instagram, Flickr e Google+). I video del presidente diffusi su Youtube sono stati il doppio rispetto a quelli del rivale repubblicano. E dagli account di Twitter sono partiti una media di 29 messaggi al giorno di Obama contro uno solo di Romney.

Sono dati di giugno, ma neppure la scorsa settimana, nella giornata clou della convention di Tampa, la sua presenza sul social network ha subito un’impennata: appena 6 tweet. Obama, insomma, ha ragione di sperare. Tanto più che, grazie a Klout, la app che valuta il peso dei personaggi sul web, si è scoperto nei giorni scorsi che il presidente americano è in assoluto l’uomo più influente del mondo. Ha scalzato dal suo trono nientemeno che l’idolo delle teenager, Justin Bieber.

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