Terminata la pausa estiva è già tempo di guardare alle elezioni del 2013. E nell’attesa della legge elettorale su cui sembra possibile un accordo il presidente della Camera Gianfranco Fini, leader di Futuro e Libertà, disegna la sua mappa politica. Paragonando la politica del Pdl, di cui è stato fondatore insieme a Silvio Berlusconi, a quella di Beppe Grillo e del suo Movimento 5 Stelle e autodefinendo il suo partito insieme con l’Udc di Pierferdinando Casini “i veri moderati d’Italia”.

I veri moderati. “Diciamo che in me e Casini c’è una comune consapevolezza di lavorare per dare una risposta a questi elettori che non sono di sinistra e non vogliono più votare per Berlusconi, o per un Alfano che continua a parlare di abolire l’Imu e imposta l’ennesima campagna da libro dei sogni”. E spiega: “C’è una area vasta di elettori che ambirebbe a una rappresentanza diversa. Parlo di quel mondo che, sbagliando, definiamo moderato, che crede nella coesione nazionale, ha l’etica del dovere, dà importanza ai comportamenti pubblici e privati di chi lo rappresenta, tiene ai diritti della persona e condivide una certa idea di Europa. Sto parlando di una visione liberal-democratica, quella che in un bipolarismo sano, quale non abbiamo in Italia per colpa di Berlusconi, sarebbe la naturale alternativa alla sinistra socialdemocratica”. 

Pdl, Grillo e l’antipolitica. In un’intervista a ” la Repubblica” Fini ragiona: “Il prossimo governo sarà politico ma sul premier deciderà il Quirinale”,  quindi elenca “le offerte del mercato politico italiano” senza dimenticare Grillo e Antonio Di Pietro e l’Itali dei Valori: “Sta crescendo un’area che si nutre di antipolitica, una vasta zona di risentimento antieuropeo, di fatto antidemocratico, che prende a pretesto la giusta lotta contro i privilegi e le caste“. E, aggiunge, “una versione più soffice del medesimo sentimento antipolitico è quella rappresentata dal Pdl”, quella “che ha bisogno di nemici, che vive più di anatemi che di strategie. Ormai in quel partito c’è un antieuropeismo strisciante, un sentimento di disprezzo verso i lavoratori pubblici rappresentati in massa come fannulloni, un sentimento antilegalitario, contro le regole, contro i magistrati, contro le tasse, un sentimento anti-immigrati e contro tutte le minoranze che rivendicano parità nei diritti civili”. 

Legge elettorale. “Gli scogli sono ancora tutti lì, speriamo in un passo avanti questa settimana. Ma ricordo a tutti che, nel passaggio alla Camera, ci potranno essere voti segreti” riflette Fini, parlando del nodo della legge elettorale. Alla domanda su collegi o preferenze il leader di Fli risponde: “Se fosse per me sarei per l’uninominale maggioritario. Vince chi prende più voti. Ma siccome temo che si vada verso un sistema come il Provincellum, con le sue distorisioni, allora meglio le preferenze. Con circoscrizioni piccole, il controllo dei costi affidato alla Corte dei conti e la decadenza per chi sfora il tetto di budget”. Del resto secondo la terza carica dello Stato: “Il governo che uscirà dalle elezioni sarà un governo politico, altrimenti tra un pò qualcuno dirà che tanto vale non fare più le elezioni”. Il prossimo esecutivo dovrà puntare “a più Europa”, proseguire “nel risanamento dei conti”, rispettare “il vincolo dell’articolo 81 della Costituzione”, dovrà essere un governo “che non strizzi l’occhio ai localismi ma difenda la coesione nazionale”. Quanto al premier “deciderà il Colle”, assicura, che aggiunge: “Se vogliamo uscire dalla logica del bipolarismo muscolare, se vogliamo lasciarci alle spalle la fase Berlusconi-Prodi, non possiamo partire dalla coda dobbiamo cercare prima un’alleanza di governo sui programmi e sui valori. Poi sarà il capo dello Stato a indicare il prescelto per palazzo Chigi: è evidente che conterà quello che diranno le delegazioni dei partiti al Quirinale”. 

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