Mentre all’estero viene celebrata come la donna più potente del mondo, in Germania Angela Merkel deve fare i conti con critiche sempre più pesanti. Quel che è peggio è che il dissenso non viene solo dai banchi dell’opposizione ma anche dalle fila del suo stesso governo. Il primo cancelliere donna della Repubblica Federale Tedesca fa però orecchie da mercante e raccoglie il consenso degli elettori.

La sua popolarità presso i tedeschi è infatti a livelli molto alti, con grande scorno di chi, sette anni fa al momento della sua prima elezione, la considerava solo una figura secondaria che avrebbe presto sgomberato la scena della grande politica tedesca. Invece l’assistente venuta dall’Est di Helmut Kohl – oggi molto critico nei confronti della sua politica europea, così come un altro grande ex cancelliere, Helmut Schimdt – ha dimostrato di saper prima conquistare e poi gestire il potere.

“La femmina alfa travestita da pecora sta distruggendo la democrazia tedesca ed europea”, accusa però Gertrud Höhler, la polemista che ha di recente pubblicato il libro “La padrina”, dedicato proprio alla donna più potente del mondo. “La Merkel sta lavorando a un’Unione Europea che le dia la possibilità di intervenire nella politica interna degli altri Paesi del Vecchio Continente, in particolar modo di quelli del Sud e dell’Est”, spiega la Höhler, che arriva a parlare di “germanizzazione dell’Europa”.

Per il suo compagno di partito Thomas Dörflinger, deputato al Bundestag, invece, la Merkel (58 anni, sposata senza figli) non ha una vera e propria linea politica: è ondivaga e spesso le sue giravolte sono dettate dal gradimento dell’elettorato e non dalla convinzione che una scelta sia migliore di un’altra. Emblematica è la sua posizione sulla Grecia: da una parte non vuole assolutamente che Atene esca dall’euro, dall’altra pretende che vengano concessi aiuti solo se “vengono fatti tutti i compiti a casa”.

Niente a che vedere con la fermezza del suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, che ebbe a dire: “Curare la crisi del debito con nuovo debito è come curare un alcolizzato con altro alcol”. Altrettanto vale per la disputa Bce-Bundestag, al riguardo della quale non si capisce veramente se la Merkel sia schierata a difesa della idee di Mario Draghi o di quelle di Jens Weidmann.

Quel che è certo è che, in sette anni di governo, la donna da cui secondo molti dipendono le sorti dell’Europa, non ha mai messo mano a riforme profonde e impopolari, come quelle realizzate dal suo predecesore Gerhard Schröder e grazie alle quali la Germania sta oggi superando brillantemente la crisi economica che ha colpito tutti gli altri Paesi occidentali. L’unica vera grande decisione è stata quella di abbandonare l’energia nucleare all’indomani del disastro di Fukushima ma – sostengono i suoi detrattori – a quella scelta si è giunti solo sull’onda dell’emotività dei cittadini.

Ad onore del vero va però anche ricordato che la Merkel ha poi messo in pista un piano da 20 miliardi di euro volto ad ammodernare la rete di distribuzione elettrica per renderla più efficiente e compatibile con le fonti rinnovabili. La Merkel ha mostrato grande decisionismo solo quando si è trattato di occupare le posizioni di potere e non sempre le è andata bene.

Nel 2010, per esempio, riuscì ad imporre come presidente della Repubblica il suo compagno di partito Christian Wulff, quando la stragrande maggioranza del Paese era a favore dell’indipendente Joachim Gauck. Meno di due anni dopo Wulff si è dovuto dimettere per uno scandalo finanziario e al suo posto è subentrato proprio Gauck che, come la Merkel, è cresciuto nella Germania dell’Est ma, mentre lei faceva parte dell’organizzazione giovanile della Sed (Freie Deutsche Jugend), lui guidava l’opposizione al partito di Erich Honecker.

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