Nessuno spazio per il Pd regionale alla Festa dell’Unità di settembre. È questa la decisione presa all’ultimo minuto dai democratici di Viale Aldo Moro che, a differenza degli anni passati, quest’anno non rinnoveranno l’affitto per lo stand dedicato a promuovere l’attività del partito nelle aule della Regione Emilia Romagna. Un dietro front deciso ieri, nel pomeriggio, all’ultimo minuto rispetto ai tempi stabiliti dall’organizzazione per distribuire gli spazi della festa, che però farà risparmiare i circa 15.000 euro dell’affitto che fino all’anno scorso il gruppo Pd in Regione pagava al Pd regionale. Circa 600 euro al giorno provenienti dai fondi messi a disposizione dalla Regione ai gruppi consiliari. Soldi pubblici, insomma.

La scelta di non essere rappresentati, spiega Lele Roveri, responsabile Feste del partito, ci hanno comunicato essere dovuta a diverse ragioni: “un po’ perché non avevano particolari materiali da esporre, un po’ per ragioni di opportunità su come investire i fondi che hanno a disposizione”.

La decisione, insomma, non riguarderebbe le polemiche che in questi giorni hanno investito i democratici a causa delle discusse comparsate televisive pagate con i soldi dei contribuenti. “Non c’entrano nulla — assicura Marco Monari, capogruppo Pd in Regione, al Corriere — si tratta solo di una politica generale di contenimento delle spese. E poi l’anno scorso avevamo organizzato una mostra e tre campagne contro il governo Berlusconi, quest’anno non abbiamo molto da pubblicizzare”. Nessun problema, quindi, per Monari e i suoi consiglieri. Anzi tagliare quella particolare voce di spesa è come rinunciare a “un’inserzione pubblicitaria”, un’azione che comunque sarebbe legittima e compresa tra le attività che un gruppo, nell’ambito delle iniziative pubbliche, può affrontare. 

Eppure quella dei democratici è un’estate caldissima, anzi, di fuoco. E sono in molti a credere che la decisione di non contribuire alla Festa, di non affittare il solito stand che fino all’anno scorso recava il logo della Regione, sia dovuta alla volontà di non suscitare ulteriori critiche in seguito alle vicende che più volte negli ultimi mesi hanno visto il Pd al centro del mirino.

A partire dalla questione relativa alle spese dei gruppi consiliari che solo a febbraio ha fatto tremare le aule di viale Aldo Moro e impallidire i consiglieri, che in 12 mesi hanno pagato cifre da capogiro per comprare francobolli o fotocopiare documenti. Il Pd, ad esempio, dei 3,7 milioni di euro destinati dalla Regione ai rappresentanti dei cittadini, rigorosamente soldi pubblici, ne ha ricevuti 1,3 milioni. 256 mila euro dei quali li ha spesi per pagare gli stipendi dei dipendenti, 208 mila per i rimborsi spesa dei singoli consiglieri, 186 mila per le iniziative pubbliche. E ancora, 163 mila per le consulenze di professionisti, come avvocati, esperti del lavoro o programmatori informatici, 78 mila euro per francobolli e telefonate, mentre per fotocopie, buste, penne e vari oggetti di cancelleria i democratici hanno speso 32 mila euro. Bilanci da far storcere il naso a più di un cittadino, da polemica, da polverone.

E poi a luglio, quando per la seconda volta il Pd, insieme ai colleghi degli altri partiti seduti in assemblea legislativa, ha bocciato le proposte presentate dal Movimento 5 Stelle per anticipare il taglio di alcuni privilegi. Come la possibilità di cumulare diversi assegni per chi è stato anche parlamentare o europarlamentare (attualmente consentito), o per introdurre un prelievo di solidarietà sui vitalizi, pari al 25%, da destinare alle persone con disabilità grave. Anche allora il Pd si era visto puntare il dito contro, e la spiegazione fornita da Monari, che aveva etichettato le proposte come “emendamenti di bandiera” non aveva convinto tutti.

Spine nel fianco a cui si sono sommate, nell’ordine, la questione relativa alle apparizioni a pagamento in televisione dei politici e, da ultimo, il riconoscimento dei premi di merito ai dirigenti regionali, che anche per il 2012 la giunta capitanata dal presidente Vasco Errani non ha voluto tagliare. Così 112 figure dirigenziali verranno ricompensate col 100% dell’ammontare previsto, circa 19.000 euro, e il resto con l’80% di quella cifra. Ancora, soldi pubblici.

E allora, il risparmio è stato forse d’obbligo per non calamitare nuove accuse e anzi, lasciar calmare le acque. In un’Emilia squassata dal terremoto e bersagliata dalla crisi, che ha bisogno di soldi e anche di segnali per rialzarsi in piedi.

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