Il posto fisso era un miraggio, la precarietà e i lutti la regola. E il presente era disperazione: “Ora sono con queste cacchio di bollette da pagare e tre mesi di affitto arretrato”. L’ultimo sfogo di Angelo Di Carlo, 54 anni, affolla una cartolina spedita da Roma il 10 agosto. Poche ore dopo, all’una di notte, Di Carlo si è dato fuoco, davanti a Montecitorio. Un gesto per ricordare a tutti, dentro e fuori il Palazzo, che la sua storia di operaio disoccupato era quella di tantissimi altri. Una storia finita domenica scorsa, con la morte di Di Carlo, dopo otto giorni di agonia. La fine come un sollievo, per un uomo travolto: dal dolore, e dall’indifferenza di troppi. “Sono molto amareggiato da come stanno andando le cose in questo Paese, quando succedono alcune cose ti dicono che sei matto” continua nella cartolina. Quasi un testamento morale, per Di Carlo. Tanto sfortunato quanto generoso .

“Era sempre in prima linea, dovunque ci fosse battaglia”, lo ricordano sul web gli amici. Nato ad Anguillara, vicino Roma, Di Carlo viveva da tempo a Forlì, dove era impegnato da anni nell’associazione ambientalista Clan-Destino e nel Movimento 5 Stelle. Non saltava una manifestazione, sempre pronto a travestirsi con tuta e mascherina nelle proteste contro il nucleare, o a celarsi la bocca a simulare un bavaglio, per difendere la libertà d’informazione. Il web è disseminato di sue foto, mentre distribuisce volantini o sorride con i suoi baffi generosi, davanti a striscioni che Di Carlo sentiva chiaramente suoi. Ma il quotidiano era la battaglia più complicata. Perché Di Carlo era disoccupato, da tanti anni. Per tirare avanti, solo lavoretti, dove e quando capitava. L’ultimo contratto, presso una ditta di pellami, era scaduto qualche mese fa. Poi solamente delusioni. “Angelo sognava di lavorare nella raccolta differenziata porta a porta” racconta Raffaella Pirini, consigliere comunale per DestinAzione Forlì, la lista civica di 5 Stelle per cui Di Carlo era stato attivista importante. Ma l’assunzione non arrivava. E Sgargiante, o Sgargy, come lo chiamavano gli amici, non vedeva luce. Dentro di sè, anche l’abisso di due lutti. Nel giro di due anni, Di Carlo aveva perso la madre e l’ex moglie. Non solo: tra i suoi mille guai ci sarebbero stati anche dissidi su un’eredità con i tre fratelli (che ieri smentivano). Di certo, Di Carlo era stanco. Di inseguire un futuro più solido, lontano come una chimera.

Così in un giorno di agosto è salito su un treno per Roma, con uno zaino dove aveva una bottiglia piena di benzina e un accendino. Ha girato per la città, e in serata è arrivato davanti a Montecitorio. All’una di notte dell’11 agosto, si è cosparso di benzina e ha azionato l’accendino. Pochi attimi, e il fuoco l’ha avvolto. Di Carlo ha provato a correre verso l’ingresso della Camera, con tutta la disperazione che gli era rimasta dentro. Ma è crollato dopo pochi passi. Sul selciato è rimasto il suo zaino. All’interno, due lettere. Una era per il figlio, sui vent’anni, a cui ha lasciato 160 euro. L’eredità di un padre, a un figlio. Precario, come lui. Domenica scorsa Di Carlo, che aveva l’85% del corpo offeso dall ustioni, è morto all’ospedale Sant’Eugenio.

Ma a pulsare come una ferita ora c’è quella cartolina, spedita alla Purini attorno alle 18 del 10 agosto. Ieri sera il 5 Stelle di Forlì l’ha diffusa alla stampa. “Rendiamo pubblico quello che lui voleva che fosse reso noto, per non vanificare un gesto di denuncia politica” spiega Purini in una nota. La cartolina era in una busta, assieme a una foto. Su quel lembo di cartone, poche righe per spiegare il disagio, e far intuire la fine, pensata e voluta. “Ti allego una foto” scrive l’operaio. Ed è già un segnale. Forse, come lo è il disegno colmo di angeli sul fronte della cartolina. Sul retro, Di Carlo torna sul suo tarlo, lamentandosi con la giunta di Forlì per le modalità della raccolta porta a porta (“Così è una presa per i fondelli”). Adesso rimane la disperazione di suo figlio e degli amici. Sullo sfondo, il peso dei numeri, perché i suicidi tra disoccupati e precari sono un bollettino di guerra. Secondo l’Eures, portale di mobilità professionale, nel 2010 in Italia si sono uccisi 362 disoccupati. Uno al giorno. Tra il 2006 e il 2008, la media era di 270 all’anno. In questo 2012, c’è chi parla di almeno 50 suicidi tra disoccupati e precari. Mentre tra i piccoli imprenditori si sono uccisi in 23, solo nei primi quattro mesi (dati Cgia Mestre).

 

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