Occupandomi da sempre di media, mi incuriosisce l’articolo di Amenduni uscito nel suo blog qualche giorno fa. Dino ripropone quella che è una vecchia teoria degli intellettuali di sinistra, ovvero che quando uno spettacolo, un libro o persino un post su Internet hanno un vasto successo ciò indichi bassa qualità. Quel che piace a tutti non può essere davvero di grande valore.

Io ricordo invece il magnifico spettacolo teatrale di Marco Paolini sulla tragedia di Longarone. Trasmesso su RaiDue, ebbe un travolgente successo in termini di share e fu visto da milioni di telespettatori. Non ho alcun dubbio, e sono certa neppure Amenduni ne abbia, sul valore culturale del lavoro di Paolini. Eppure, milioni di italiani lo apprezzarono: è strano scrivere “eppure”, dovrebbe sembrarci logico che una cosa bella piaccia a tanti.

Vent’anni di Tv berlusconiana hanno invece pesantemente condizionato il nostro giudizio. Con un’infondata pretesa di superiorità, siamo giunti a ritenere che il valore si misura dalle misere dimensioni della nicchia in cui si ritrova. Meno siamo, meglio siamo, la massa è acefala e ignorante e guai a mischiarsi.

Questo ragionamento, portato su Internet, ha ancora meno senso. Principalmente perché la Rete è piena di persone che cercano informazioni, dati, fatti e risposte, e non solo il fondoschiena di Belen. E’accaduto anche a me di avere grande successo con post di argomento “ostico” o tecnico, e di pagare invece quando ho scelto strade più facili. So per esperienza, ad esempio, che Internet premia molto chi va controcorrente, se lo fa ovviamente con competenza e serietà.

In realtà, la massa è tutt’altro che acefala ed è anche piuttosto stufa di farsi orientare le opinioni da fonti che ripetono sempre gli stessi mantra. C’è sete di informazione, sete di conoscenza, sete di fatti, sete di un pensiero alternativo. Una sorgente nel deserto, che allevia tale sete, diventa presto molto popolare.

Senza per questo doversi etichettare ancora come nazionalpopolare.

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