“La prossima volta che vi lamenterete per il prezzo della benzina, ricordate: tutto è relativo”. Inizia così una ricerca condotta da Bloomberg, denominata “Dolore alla pompa”, che ha stilato una classifica di un campione di 60 Stati del mondo in base al costo del carburante. Le differenze sono abissali: per fare un pieno di 39 galloni (ogni gallone è circa 3,8 litri) ad una Chevrolet Suburban in Venezuela bastano poco più di 3 dollari e mezzo, in Norvegia quasi 395. Proprio la Norvegia è la vincitrice di questa curiosa classifica che la vede sul gradino più alto del podio nonostante sia uno dei principali esportatori di petrolio al mondo, primo in Europa. Poco più di 10 dollari a gallone che lo rendono lo Stato in cui si paga di più per uno stesso quantitativo di benzina; seguono Turchia e Israele che quasi si equivalgono con circa 9 dollari a gallone. Delle prime 20 posizioni in classifica, ben 15 sono occupate da paesi europei in compagnia di Corea del Sud, Giappone, Honk Kong e le due nazioni sul podio in terra Medio Orientale.

Con un prezzo intorno all’1,8 euro/litro e nonostante gli aumenti imposti dal governo Monti, l’Italia si piazza al settimo posto facendo registrare un calo (alla fonte, non alla pompa) di quasi il 13% rispetto all’ultimo quarto e un prezzo per gallone che si attesta su 8,15 dollari. “I prezzi del carburante – scrive Bloomberg – sono stati un vero shock per la patria di Ferrari e Lamborghini, dove il tasso di motorizzazione è il più alto al mondo. Secondo i dati emessi dalla Fiat SpA, la domanda di nuove auto è scesa ai minimi storici dal 1979. L’Italia ha aumentato le accise sul carburante del 25% rispetto allo scorso anno come parte degli interventi di austerity imposti dal presidente Mario Monti. L’imposta in Italia è ora la più alta di tutta Europa”. Gli effetti di questo aumento non si sono fatti attendere e nel giro di poche settimane il consumo nazionale è sceso di quasi il 7%, segno che in più di una occasione, l’italiano ha preferito lasciare l’automobile in garage.

Ma la situazione non è così tragica come sembrerebbe: per avere un quadro più concreto del reale costo del carburante al cittadino, Boomberg ha affiancato alla classifica dei prezzi, anche una seconda statistica che ha tenuto conto del reddito medio percepito.

In questa seconda classifica che tiene conto della percentuale di stipendio giornaliero necessaria per acquistare un gallone di carburante, l’Italia scende al 34esimo posto con un peso che si aggira intorno all’8,8%. In quest’ottica anche la situazione della Norvegia migliora considerevolmente passando dalla prima alla 52esima posizione, mentre il triste primato passa in mano all’India che con appena 4,5 dollari a gallone si trovava verso la 43esima posizione nella prima classifica. A gioire sia in una, che nell’altra statistica è il Venezuela: il paese di Hugo Chavez paga poco più di 9 centesimi di dollari per ogni gallone di carburante. Nonostante il salario medio non superi i 30 dollari giornalieri, il Venezuela conquista l’ultima posizione (la 60esima) sia nella classifica dei prezzi, sia in quella denominata “Pain at the pump”.

Questo andamento è largamente confermato dal mercato del paese che lo piazza, secondo i dati Opec, tra i principali esportatori di greggio del mondo. Una vera e propria oasi felice del carburante che non rispecchia però un andamento unitario per tutto il Sud America: nonostante il costo per il pieno a livello mondiale sia sceso di quasi l’8% negli ultimi tre mesi, il Brasile ha assistito ad un aumento consistente alla pompa al punto che i brasiliani dovranno lavorare il 15% in più per far fronte al nuovo prezzo. Negli Usa invece il balletto dei prezzi ha fatto registrare un forte calo alla cui base ci sarebbero motivazioni di tipo politico, con la necessità di placare le polemiche in vista delle elezioni presidenziali.

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