I temi sono gli stessi, il piglio del predicatore anche. Entrambi sono One man show, si muovono sul palco allo stesso modo. Eppure tra Matteo Renzi e Beppe Grillo non corre buon sangue. Il giovane sindaco dal palco non lo nomina mai. Per lui il fondatore del Movimento 5 stelle, rivelazione politica del 2012, è solo il sintomo di una malattia, non la cura. Un’alleanza futura in parlamento coi 5 stelle? Nemmeno a parlarne. “Va bene confrontarsi su temi come la trasparenza e il taglio degli sprechi, ma credo che il problema non si ponga nella logica dell’accordo. Grillo si pone come voto di protesta, per quanto mi riguarda – spiega – Un voto che deriva dalle nostre incapacità”.

Renzi sbarca oggi in Romagna, a Cervia, per presentare il suo libro Stil novo. Ma è un comizio. Va avanti e indietro sulla pedana in questa sorta di ritiro estivo pre-campionato, in attesa delle primarie. Se gli elettori fossero i frequentatori del Bagno Ulisse, platea peraltro abbastanza attempata, la corsa verso la premiership del giovane politico toscano non sarebbe difficile.

L’inquilino di Palazzo Vecchio, candidato alle prossime primarie del centrosinistra chiude il suo ragionamento parlando con i cronisti alla fine dell’incontro. “Se il Partito democratico nel programma elettorale scrive che dimezziamo i parlamentari e le indennità, che eliminiamo il finanziamento ai partiti e semplifichiamo in una logica di open government le strutture amministrative, sono convinto che Beppe Grillo vedrà crollare drasticamente i propri consensi”.

L’ultima puntata dello scontro distanza fra i due, risale allo scorso maggio alla vigilia del trionfo a 5 stelle di Parma. Prima Renzi paragonò Grillo a Savonarola: “Prima che diventi Savonarola, ne ha di strada da fare. Savonarola viveva con una sobrietà che credo non appartenga al prode Beppe Grillo” La replica non si fece attendere: “Il Pdmenoelle non ha bisogno di alcun aiuto per crollare. A quello ci pensa Renzi” disse l’ex comico genovese. Il sindaco di Firenze fu poi definito “l’ebetino pro inceneritori”, per Grillo solo “un nomignolo affettuoso, ripreso da Gianni Brera”.

Eppure i temi forti portati dal giovane rampante del Pd sono molto simili a quelli del Movimento. Parlando del debito pubblico per esempio: “Mentre voi mettevate da parte i soldi, loro li sperperavano. È per questo che vanno mandati a casa”, spiega riferendosi agli attuali politici in parlamento. “Basta con la casta”. E giù gli applausi.

Sul tema delle primarie del Pd e del centrosinistra per la scelta del candidato premier, Renzi ripete che lui, se perderà contro Bersani, il giorno successivo si metterà al servizio del vincitore nella corsa a Palazzo Chigi de 2013. E fa l’esempio delle ragazze del fioretto vincitrici dell’oro a squadre: “Prima si sono battute l’una contro l’altra per una medaglia individuale, il giorno dopo tutte sono tornate compatte e hanno vinto l’oro a squadre”. Eppure il leader dei rottamatori non è sicuro che lo spirito olimpico aleggi anche tra suoi avversari nel partito e lancia una frecciata a Bersani. “Spero che gli altri facciano lo stesso se vincerò io, ma non ci giurerei”.

A margine dell’incontro, a una domanda su una possibile alleanza con l’altra frangia dei rottamatori, quella di Pippo Civati, da un anno in rotta con il primo cittadino fiorentino, glissa. “Chi ci vorrà stare ci starà, ma senza giochini politici da addetti ai lavori”. Sarà un rottamatore, ma dice e non dice già come un politico navigato.

 

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