E’ diventata operativa oggi 12 agosto, a un anno esatto dalla sua approvazione e già si preannuncia come la legge che potrebbe rivoluzionare il mondo della dirigenza italiana. Nel mirino i consigli d’amministrazione delle aziende quotate e pubbliche che, d’ora in poi, dovranno essere composti almeno per un quinto dal genere meno rappresentato, le donne. Nove gli anni di azione previsti dalla legge, con alcune tappe fondamentali: 2015 la seconda scadenza, alla quale i CdA dovranno presentarsi con un terzo delle loro componenti donne, fino ad arrivare alla data di esaurimento nel 2022. Si chiama legge 120\2011, ma tutti la conoscono come legge Golfo-Mosca dalle due deputate, rispettivamente Pdl e Pd che l’hanno promossa e sostenuta. Un sostegno bipartisan dunque, che ha dovuto far fronte a critiche e scetticismi che arrivavano da entrambi gli schieramenti politici. “Per una donna che entra, c’è un uomo che esce e questo sicuramente è difficile da digerire”, osservano in coro le due deputate, che dopo le lotte e discussioni di questo anno hanno cominciato a raccogliere i frutti di tanto lavoro.

alessia mosca pd
Alessia Mosca, deputata del Pd

Doveva essere l’anno di passaggio, ma gli effetti positivi hanno già cominciato a mostrarsi. “In questi mesi – dice Alessia Mosca, deputata Pd, – ci sono stati alcuni rinnovi di Consigli di Amministrazione e siamo già in grado di fare alcune importanti osservazioni: le donne che entrano nei CdA sono più giovani, hanno un miglior livello di formazione e un’esposizione internazionale maggiore (esperienze all’estero di studio e lavoro più numerose). Inoltre abbiamo notato come siano state nominate donne “indipendenti”, ovvero non abbiamo casi di figlie o donne con legami di parentela con i membri del consiglio”. Risultati importanti che lasciano ben sperare, anche se non mancano gli ostacoli. “Una delle critiche – aggiunge Mosca, – era il fatto che i CdA avrebbero ridotto il numero di membri così da far entrare meno donne. In alcuni casi è stato così, però questo ha comportato una selezione per merito maggiore e dunque un effetto assolutamente positivo”.

Lella Golfo, deputata del Pdl

Il merito, il punto più critico della discussione e l’obiezione presentata da tutti. “Abbiamo dovuto combattere a lungo contro il luogo comune che se le donne non erano nei Cda era perché non erano abbastanza qualificate – dice Lella Golfo, che oltre ad essere deputata Pdl è presidentessa della Fondazione Belisario, da sempre attenta al tema dei diritti delle donne, – per questo la nostra fondazione ha organizzato la campagna “1000 Curriculum eccellenti”, durante la quale ha raccolto e selezionato i curriculum di 1000 donne. Morale: la nostra è stata una vera e propria ricerca porta a porta e alla fine di curriculum di valore ne abbiamo trovati 3000”. La Fondazione Belisario della lotta al luogo comune “le donne sono meno qualificate” ne ha fatto un vero e proprio cavallo di battaglia, come sottolinea la Golfo: “Per essere ancora più efficaci, abbiamo deciso di organizzare dei corsi di formazione a Roma e Milano che partiranno a settembre prossimo e ci permetteranno di dare un aiuto in più alle donne”.

Una legge dunque che permette all’Italia di diventare un esempio da seguire anche a livello europeo. “Solo fino ad un anno fa – ricorda Alessia Mosca, – eravamo il fanalino di coda dell’Unione Europea sulla questione, ora con una legge che garantisce il 20%, diventiamo di fatto un esempio da seguire. All’estero, al di là di qualche paese molto virtuoso come Belgio, Francia e Norvegia, la situazione non è così rosea”. La dimostrazione del successo a livello internazionale, è arrivata grazie alle parole di Viviane Reding, vice presidente della Commissione europea, che lo scorso maggio a Bruxelles ha elogiato l’iniziativa italiana, proponendo di estendere la stessa normativa agli altri paesi dell’Unione. “Si tratta di una legge semplice, – dice Alessia Mosca, – caratterizzata da una sanzione automatica e tutto ciò la rende molto efficace. Siamo diventati un esempio per l’estero, ma potremmo anche esserlo per il sistema politico in generale. Senza far riferimento alle quote di genere necessariamente, queste misure di discriminazione positiva possono dare risultati concreti in poco tempo”.

Della stessa opinione Lella Golfo, da sempre scettica sul discorso quote, ma che in proposito negli anni ha cambiato la sua opinione. “Quando cominci a fare politica – dice la deputata – pensi che il merito sia la sola strada per arrivare nelle posizioni di potere. Però con il tempo ho imparato che se uno ha un cancro deve combatterlo, se uno è malato deve intervenire sulla malattia. E così stiamo facendo anche noi, utilizzando una medicina che dà i suoi frutti. Per questo dico, perché no le quote rosa in politica? È chiaro che sono due ambiti diversi, però la mentalità del paese impone una presa di posizione. C’è una legge per i comuni e le province già approvata alla camera e speriamo passi in Senato, che prevede la doppia preferenza di genere: gli elettori possono esprimere due preferenze, ma solo se una di esse è una donna. Il meccanismo è simile a quello delle quote e sarebbe di sicuro un successo. I risultati che abbiamo ottenuto con la campagna dei 1000 curriculum eccellenti, valgono anche per la politica. Sono stanca che le donne debbano sempre dimostrare qualcosa, cosa dobbiamo dimostrare ancora?”.

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