Usain Bolt iscrive una volta di più il suo nome nella storia. Dopo il trionfo nei 100 metri concede il bis anche nei 200. E’ podio tutto giamaicano: dopo la freccia Usain l’argento è andato al connazionale – e rivale più insidioso – Yohan Blake e il bronzo a Warren Weir. E’ la quinta medaglia d’oro per Bolt che conserva (non migliorandoli) i record del mondo su entrambe le distanze, registrati ai Mondiali di Berlino. Con questa tripletta la Giamaica sogna ora di fare en-plein con la staffetta 4×100 alla quale però non dovrebbe partecipare Asafa Powell, deludente già nella finale dei 100 metri e pure infortunato.

Con l’oro di oggi nei 200, Bolt entra nella leggenda dell’atletica. Il primo posto di oggi gli regala infatti la seconda doppietta olimpica nei 100 e nei 200, dopo quella di Pechino. Bolt è partito velocissimo, è rimasto sempre saldamente in testa, anche se alla fine non si è potuto concedere il suo tradizionale rallentamento, tallonato com’era dal giovane connazionale Blake, soprannominato “The beast” per la sua quasi irresistibile voglia di allenarsi senza pausa. Vittoria ed oro olimpico in 19″ 32, comunque, di Bolt su Blake (19″44, medaglia d’argento) e Warren Weir (19″ 84). Alla fine Bolt è stato protagonista di uno dei suoi siparietti, facendo alcune flessioni prima di ricevere l’abbraccio e le congratulazioni dei suoi connazionali.

“Sono il più grande atleta vivente” dice euforico. Originario di Trelawny, Bolt era un perfetto semi-sconosciuto fino a quattro anni fa. Poi, a Pechino, si materializza il “Fulmine” (Lightning Bolt in inglese è il lampo): oro e record del mondo su 100, 200 e 4X100, una tripletta da urlo, ottenuta senza nemmeno forzare troppo la mano tanto che l’anno dopo, ai Mondiali di Berlino, Bolt concede il bis, primati compresi, in tutte e tre le prove. 

Lo scorso anno solo la follia alla partenza dei 100 gli impedisce di confermarsi, ma la testa era già forse a Londra, era all’appuntamento con la storia. E lo sprinter giamaicano, solitamente, non sbaglia questi appuntamenti. Non ha sbagliato ieri, dominando l’attesissima finale dei 100 metri col nuovo record olimpico in 9″63 (eguagliata la doppietta di Carl Lewis tra Los Angeles 1984 e Seul 1988), nonostante la concorrenza dei vari Powell, Blake, Gay e Gatlin. E non ha fallito nemmeno ieri, 19″32 come Michael Johnson ad Atlanta 1996, completando la sua “vendetta” sul giovane amico Yohan, che aveva osato batterlo sulle due distanze ai trials. Proprio quelle sconfitte erano suonate come un campanello d’allarme, diventato qualcosa di più alla luce dei problemi fisici accusati dal pluriolimpionico. “Ci sono sempre quelli che mettono in discussione un campione, ma io sono qui per questo, per consolidare il mio status di leggenda”, aveva detto dopo aver vinto la semifinale. E la profezia, puntualmente, si è avverata.

All’Olympic Stadium di Londra, la finale dei 200 è una sinfonia “boltiana”. “Ho fatto quello che volevo, sono uscito fuori da una stagione complicata e ho fatto quello che dovevo fare. Ero venuto qui per l’oro, adesso sono una leggenda, sono il più grande atleta vivente – le parole di un Bolt fiero – Sono sullo stesso piano di Michael Johnson, un mito per me, sono cresciuto vedendolo battere record su record”. Usain ammette che la finale “è stata più dura di quanto mi aspettassi, sentivo la pressione ma ora non ho più niente da dimostrare, ho fatto vedere al mondo che sono il migliore. Questo è il mio momento, non lo dimenticherò mai”. Anche Blake, che sulla distanza deteneva il secondo miglior crono di sempre (19″26 a Bruxelles lo scorso anno) e che nel 2012 è stato il più veloce in assoluto (19″80), deve arrendersi. Per lui, come nei 100, c’è solo l’argento nonostante un ottimo 19″44, con Warren Weir terzo a completare una tripletta tutta giamaicana. “E’ la mia prima Olimpiade, non posso lamentarmi”, prova a sorridere Blake, che nel finale partecipa al solito show, mettendosi in posa per un Bolt che si improvvisa fotografo dopo le flessioni fatte al traguardo. All’Olympic Stadium di Londra si è fatta (di nuovo) la storia: non solo nessuno era mai riuscito a vincere per due Olimpiadi di fila l’oro sui 200 ma l’accoppiata sulle due prove regine della velocità a distanza di quattro anni era qualcosa di inimmaginabile. Fino all’arrivo di questo extraterrestre.

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