Pagare un poveraccio perché sconti una pena al posto del condannato. Nell’antichità, in Cina, perfino i condannati alla pena capitale potevano essere sostituiti: si tratta di una pratica che l’attuale sistema di sviluppo cinese e il divario tra le classi sociali, ha riportato in auge. E che ha un nome: ding zui, laddove ding significa sostituto e zin, reato, crimine. Essere ricchi in Cina permette molti privilegi, ben più ampi di quelli che forse possono permettersi i miliardari occidentali. Merito, o tara, di una società fortemente gerarchizzata e in cui c’è un divario sempre più crescente tra i ricchi e i molti poveri. E i rapporti tra le due categorie di cittadini, creano spesso eventi tipicamente locali. Accade così che un ricco che viene implicato in qualche reato, come ad esempio un incidente stradale mortale e che viene di conseguenza condannato, può “affittare” il corpo di un’altra persona affinché lo sostituisca nel subire la pena conseguente. In pratica i ricchi cinesi comprano i poveri affinché scontino le condanne che subiscono per reati che prevedano diversi anni di carcere. 

Ci sono molte storie recenti, al riguardo e Jeoffrey Saint di Slate ha compiuto varie ricerche, scoprendo come la pratica in Cina, abbia origine assai antiche. Recentemente però aveva fatto scalpore il caso di un uomo molto noto e ricco che a seguito di un incidente con la sua auto, aveva assunto un sostituto per scontare diversi anni di pena in carcere. La cifra pagata? 8mila dollari. O ancora il caso di un direttore di un ospedale che aveva pagato un proprio dipendente per assumersi la colpa di un altro incidente stradale. Stando a quanto raccontato alcuni poliziotti locali, la pratica è assai comune: “L’America ha lo Stato di diritto, ma la Cina ha lo stato delle persone”, ha detto a Slate uno di loro. Secondo alcuni osservatori il sistema, che ha origini lontane, sarebbe tornato in auge ultimamente a causa dell’impennata di cinesi ricchi che, attraverso l’attuale sistema di sviluppo, hanno ormai creato una struttura sociale di stampo “mafioso”, in grado di creare una sorta di rete sociale, capace di produrre coperture per ogni tipo di crimine, compresa la possibilità di condividere un numero di poveracci disposti ad essere pagati, per scontare pene altrui.

Il ding zui era già stato registrato nel 1899 da Ernest Alabaster, uno studioso di diritto penale cinese, che nei suoi resoconti di viaggio scrisse che “i giudici permettevano ai reali colpevoli di reato, di assumere dei sostituti”, confermando che la pratica “accade spesso e nonostante decreti imperiali contrari, continuerà ad accadere”. Nel 1848 un “sostituto” costava 17 sterline, ovvero circa 2mila dollari odierni, secondo la rivista statunitense che ha riportato l’episodio. La tecnica dei sostituti, però, ha origini ancora più lontane e addirittura era utilizzata anche in caso di condanne capitali: l’uomo che accettava la pena al posto di qualcun altro, lo faceva per garantire, di fatto, il futuro alla propria famiglia: il viaggiatore Julius Berncastle, descrive la pratica durante la dinastia Qing, così come il il giurista John Bruce Norton che ha raccontato le esecuzioni di “sostituti” come evento assolutamente normale in Cina.

Nel 1883 venne aperta un’inchiesta su un giovane ingiustamente condannato a morte. La persona in questione era morta al posto di un ricco che aveva comprato il suo corpo. Secondo i cinesi di allora la pratica rispettava comunque una sua logica: in fin dei conti il condannato pagava, nel verso senso del termine, una condanna. Praticità tutta cinese. Naturalmente oggi è tutto più difficile e la pratica si presta a nuove difficoltà, nell’era del digitale e in un paese come la Cina, in cui le telecamere a circuito chiuso sono poste ad ogni angolo di strada: è quasi impossibile farla franca. In più su Internet i netizen sono ormai molto attenti a questo genere di eventi. Quando un giovane di nome Hu, in un incidente stradale uccise due persone, alcuni su internet presero a pubblicare foto di Hu e di quello che secondo loro era un suo sostituto durante il processo e una volta condannato. Un’accusa respinta dalla polizia locale, che specificò pubblicamente che non si trattava di un caso di ding zui. Nonostante il tentativo chiarificatore, rimasero molti dubbi specie alla comunità on line. Come specifica Slate, Hu è da tre anni in prigione: “Ma sarà veramente lui?”.

di Simone Pieranni

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