La nave di Goletta verde sbarca a Rimini e torna a lanciare l’allarme per gli scarichi in dei liquami fognari in mare che da oltre 40 anni rendono la vita difficile ai turisti. Quando piove infatti gli 11 sfioratori della città vengono aperti disperdendo le acque nere e bianche in zone frequentate dai bagnanti. Ma sono i numeri a dire più di ogni parola. Nell’estate 2011, in soli quattro mesi – secondo i dati dell’Arpa regionale diffusi da Goletta verde – si sono totalizzati ben 121 giorni di chiusura cumulativi. Praticamente un giorno su dieci. Anche nel 2012, la situazione rimane drammatica: già 13 sono state le aperture degli scarichi tra aprile e maggio.

Per Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde di Legambiente “è scandaloso che una città come Rimini che ha sempre investito nel turismo balneare e che è stata tra le prime in Italia a dotarsi di un depuratore, abbia ancora questo tipo di problemi nella gestione dei reflui”. Proprio alla fine della scorsa stagione turistica la Procura di Rimini aveva aperto un’inchiesta sugli scarichi a mare. Ad aprile scorso dalle prime conclusioni dei periti nominati dai magistrati è emerso che sono 16 le persone infettate per aver fatto il bagno dopo i versamenti dei liquami in mare, una pratica da anni abituale in città ogni volta che a causa delle piogge il sistema fognario va in tilt. Il perito della Procura, il direttore del dipartimento di Salute pubblica dell’Asl riminese Francesco Toni, in mezzo alla sessantina di cartelle cliniche sequestrate dalla Guardia di Finanza lo scorso marzo, ha individuato 16 fattispecie di infezione da colibatteri per cui esistono forti compatibilità con i bagni in mare fino a 3-4 giorni dopo la chiusura delle paratie.

La Procura (che per ora ha iscritto una persona nel registro degli indagati) cerca di capire se le aperture degli scolmatori di piena siano state effettuate davvero solo nei casi di emergenza. Oppure, se siano stati rispettati tutti i protocolli di gestione e manutenzione degli impianti, se i controlli siano stati portati avanti senza irregolarità, se si siano rispettate tutte le normative europee, se i divieti di balneazione siano stati comunicati in modo adeguato, ma anche come negli anni siano state prese o meno le necessarie misure, e in che modo siano stati utilizzati i vari finanziamenti giunti a vario titolo in questi anni.

Il problema di Rimini ha origine nel boom turistico del dopoguerra e nella crescita improvvisa e disordinata della cittadina romagnola. La capitale della Riviera ha un sistema fognario indifferenziato. Acqua nere e bianche vanno a finire nelle stesse condotte e quando piove troppo gli scarichi finiscono a mare.

Per provare a risolvere il problema qualche anno fa è nato un comitato dal nome emblematico (Basta merda in mare) che si batte da anni perché la città si doti di un nuovo sistema fognario, sdoppiato e differenziato. È, in effetti, qualcosa si è mosso, ha ammesso Goletta verde. Un piano, presentato dalla multiutility Hera ormai un anno fa prevede di risolvere l’80 per cento delle criticità entro il 2016. Tra gli obiettivi quello di dismettere 8 degli 11 scarichi a mare. Ma per vedere gli interventi completati bisognerà attendere il 2016. Oggi la lista degli interventi auspicati da Legambiente è lunga: si parte dalla separazione delle reti, alla realizzazione delle infrastrutture idrauliche connesse, alla sistemazione dell’asta dell’Ausa definita uno degli scarichi fonte di maggiori criticità, per arrivare alla depurazione e al riutilizzo delle acque reflue così come previsto dalla normativa.

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