“Se vivremo vivremo per calpestare i re”: è questo uno dei più bei messaggi che William Shakespeare ci ha, insieme a moltissimi altri, tramandato. La vicenda umana ha senso se è in grado di mettere in discussione e rovesciare gli assetti tradizionali dell’economia e del potere, che solo persone intellettualmente pigre ovvero colluse tendono a ritenere indiscutibilmente razionali ed eternamente immutabili.

E’ questa una sinistra caratteristica dei fondamentalisti di ogni specie, tempo e luogo. Che siano i puritani della “Lettera scarlatta“, i talebani dell’Afghanistan, che almeno combattono in difesa della loro indipendenza nazionale, o i seguaci del neoliberismo puro e duro, sempre pronti ad entrare in polemica con chi a loro avviso è meno puro e duro di loro.

Questa religione dei nostri tempi sta probabilmente diventando responsabile di guasti umani e sociali addirittura superiori a quelli, pure non trascurabili, fatti da quelle che l’hanno preceduta,che almeno hanno avuto anche dei pregi, trasmettendo, nei momenti iniziali della loro esistenza anche contenuti positivi, che del resto alcuni fra i loro più degni rappresentanti continuano ad impersonare, talvolta anche a costo della loro vita.

Non così i neoliberisti, che del resto nascondono la loro fede fanatica nel dio mercato sotto i panni ingannevoli dell’oggettività, della “scienza” e dell’assenza di alternative. Degno esponente di questa religione e anzi suo grande sacerdote, in virtù di un curriculum professionale di grande prestigio come banchiere, passato dal settore privato (Goldman Sachs) a quello “pubblico” (Banca centrale europea) e indubbiamente tecnico dotato di grande capacità e serietà, è il professor Monti, cui vari mesi or sono l’improbabile classe politica del nostro Paese ha deciso di affidare il timone della barca.

Monti vorrebbe restare, e a lungo, perché non è stato chiamato per un’emergenza ma per risolvere un problema in realtà insolubile, e cioè la governabilità del nostro Paese in un momento di crisi globale, la quale si abbatte, con tutte le peculiarità del caso, e continuerà ad abbattersi ancora per lungo tempo su di esso.

Il suo recente discorso pronunciato a Berlino ha consentito di fare luce su quelle che sono le pulsioni profonde del personaggio. Rivelatrice, al riguardo, la frase secondo la quale i governi devono esercitare la propria “autonomia” riguardo ai Parlamenti, che ha provocato un coro di critiche giustificate. Non in Italia, beninteso, ma in Germania.

Il fatto è, caro Monti, che i tedeschi sono gente seria e prendono sul serio ad esempio anche la democrazia. O la contribuzione fiscale. Cosa che certo non si può dire degli Italiani, visto il perdurare di percentuali assolutamente inaccettabili di evasione fiscale.

Rifondare il nostro Paese appare necessario. Ma non con le curette Monti-Fornero, che aggiungono solo iniquità ad iniquità e salvano, come afferma giustamente Marco Travaglio, i potenti, primo fra tutti il signor Bunga Bunga.  Monti e il suo governo vanno quindi rimossi al più presto, insieme ai suoi mentori di ogni tipo.

Con il consueto acume Marco Revelli ha scritto, sul manifesto di oggi, “qualunque governo scaturisca dall’attuale sistema dei partiti, dovrà seguire una road map che permette pochissimi scarti, e nessuna “svolta”, rispetto alla linea seguita finora. Dopo Monti, sembra chiaro, non può che esserci Monti, o la sostanza del “montismo” probabilmente ulteriormente incrudelita, sia che l’ex presidente della Bocconi ascenda al Quirinale, o che rimanga alla guida del governo per un nuovo accordo bipartisan da stipulare prima o più probabilmente dopo le elezioni o, ancora, che conservi un qualche ruolo di garante grazie a un nuovo espediente istituzionale a cui siamo ormai abituati”.

Bella prospettiva! Che fare quindi? Emigrare in Germania o da qualche altra parte? Forse no. Aggiunge più in là lo stesso Revelli che, fuori dal “cerchio magico” dei filomontiani (nei quali giustamente, ahinoi, include anche la SeL dell’evanescente Vendola) “c’è un popolo esteso, in potenziale espansione, che in quelle sigle, in quelle facce, in quei linguaggi, non ci crede più”.

Concordo. E’ da lì che occorre ripartire. Per fare politiche diverse, cui lo stesso Marco Revelli più oltre accenna e sui cui contenuti occorrerà tornare. Ripartire da quelli che Sandro Medici definisce “i non allineati”. Che sono, già oggi, la maggioranza del popolo italiano. Di fronte ai fanatici talebani del neoliberismo e ai politici d’accatto, di destra e di “sinistra”, che lo vogliono ridurre alla frutta, il nostro popolo, parafrasando Lenin, non ha che un’arma: l’organizzazione. Cominciamo a costruirla!

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