Boicottaggio dei conti correnti contro il rischio di vedersi privati degli uffici postali di prossimità. È la protesta, per certi versi clamorosa, messa in atto dai sindaci di alcuni comuni del Ferrarese colpiti dal piano di tagli di Poste italiane.

La ristrutturazione annunciata dall’azienda a livello nazionale potrebbe comportare la chiusura di sedici filiali sparse per il territorio provinciale. Alcune di queste risiedono nei comuni di Argenta, Comacchio, Copparo, Ostellato, Mesola, Lagosanto e Ro Ferrarese. In particolare nelle frazioni, abitate da una popolazione che la statistica vuole tra le più anziane d’Italia e con dei servizi convenzionati con le municipalità di appartenenza.

Ecco allora che i sindaci di queste sette amministrazioni hanno unito le loro voci per ricordare a Poste Italiane che i loro cittadini hanno un’arma a disposizione. Un’arma molto incisiva in tempi di crisi: la chiusura in massa dei conti correnti.

Nei paesi interessati sono già partite diverse petizioni per convincere le Poste a tornare sui propri passi. Come nelle frazioni di Argenta, Ospital Monacale e Anita, dove le firme sono arrivate a quota 300 su 860 residenti e a 224 su 630. Tra i primi a porre il proprio nome e cognome è stato il sindaco Antonio Fiorentini, che si fa difensore di “chi ci prende di mezzo sempre”, cioè “la povera gente, quella che più ha bisogno di servizi: fa incarognire che nella crisi speculativa in cui ci troviamo debbano essere colpiti gli uffici postali delle frazioni”.

La paura del collega copparese Nicola Rossi è anche quella di esser messo di fronte a un’atroce scelta: decidere quale ufficio sopprimere (Saletta o Sabbioncello San Vittore nel suo caso). Ma c’è anche chi avanza dubbi in merito alla correttezza dell’interlocutore, come Andrea Marchi, sindaco di Ostellato, che lamenta “mancanza di comunicazione e concertazione”: “un promotore di servizi che i cittadini pagano profumatamente non può non confrontarsi con la propria clientela”.

A maggior ragione se Poste Italiane a suo tempo si era fatta forte di accordi con le amministrazioni locali. È il caso di Ro Ferrarese, che dieci anni or sono, per garantire le aperture degli uffici postali di Ruina e Alberone (anche qui le raccolte di firme hanno toccato quota 500 e 700) “firmò una convenzione con le Poste – spiega il primo cittadino Filippo Parisini -, con cui si stabilì che le avrebbe versato 10mila euro l’anno perché svolgesse alcuni servizi multifunzione. Non voglio dire che abbiamo comprato l’apertura dell’ufficio, ma sicuramente la pubblicazione di avvisi del comune sulle sue bacheche sì”.

Altre frazioni lamentano l’assenza di un adeguato sistema di mobilità pubblica che possa sopperire alle paventate chiusure. Si arriva in alcuni casi al paradosso di spese sostenute direttamente dai comuni. Come per l’ufficio di Vaccolino, a metà strada tra Comacchio e Lagosanto. “Non avendo ricevuto comunicazioni della chiusura se non attraverso i media – accusano i sindaci Marco Fabbri e Paola Ricci -, vorremo quantomeno vedere i dati che dimostrano la non economicità del mantenimento del presidio”. Anche perché “l’ufficio è ubicato in un immobile di proprietà del comune, per cui paga un canone di 200 euro che siamo disposti ad azzerare, ed è l’unico sulla Romea, attrattivo anche per chi vi transita”. “E pensare – aggiunge Ricci – che si è stati di recente obbligati ad aprire un conto corrente per l’accredito di assegni pensionistici superiori ai mille euro. Una vera beffa”.

Ecco allora che in attesa che qualcosa si muova a livello sovracomunale (dall’incontro in Regione dei giorni scorsi i vertici delle Poste hanno corretto il tiro: non tutti gli uffici inclusi nell’elenco consegnato nelle scorse settimane all’Agcom sono destinati alla chiusura), i sindaci si schierano con i propri cittadini e avvertono: “siamo pronti a sostenere la loro lotta non violenta, basata sulla ‘minaccia’ di chiudere in massa dei conti correnti aperti presso Poste italiane”.

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