Dicembre 2012 e poi l’inceneritore di Parma comincerà a bruciare. È una corsa contro il tempo quella della giunta di Federico Pizzarotti, che entro quella data dovrà trovare una soluzione per bloccare l’impianto che è quasi terminato alle porte della città.

Per tracciare una via d’uscita dalla realizzazione del forno, come promesso in campagna elettorale, i Cinque stelle hanno ingaggiato come consulente esterno per un totale di spesa di 16mila euro l’ingegnere di fama nazionale Paolo Rabitti, che ha già alle spalle esperienze simili come consulente di procure e amministrazioni. Il tecnico avrà il compito di fare chiarezza sul cantiere di Ugozzolo e sulla documentazione relativa al termovalorizzatore, per poi presentare una relazione entro dicembre 2012. Ma a quel punto potrebbe già essere troppo tardi. 

Nonostante l’estate, nel cantiere vicino all’A1 lavorano freneticamente oltre 200 operai. L’impianto prende forma giorno dopo giorno, nonostante il divieto del Comune dei turni di notte, arrivato a metà luglio per motivi acustici, ma che negli effetti ha in parte rallentato la corsa alla conclusione dell’opera in grado di smaltire 130 mila tonnellate di rifiuti all’anno. Iren ha tutto l’interesse di completare il forno entro il 2012, perché in quel caso potrebbe accedere a circa 40 milioni di euro di incentivi statali previsti dal decreto Romani del marzo 2011 legato alla produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili. Ma c’è di più.

Secondo fonti vicine a Iren, l’intenzione, una volta collaudato il forno, è quella di venderlo a privati che lo utilizzerebbero come inceneritore di rifiuti industriali, per coprire i debiti della società che ammonterebbero a circa 3 miliardi. Se così fosse, teme l’associazione Gestione corretta rifiuti, che aveva sostenuto la candidatura di Pizzarotti a sindaco proprio in base alla promessa di bloccare il forno, “una società privata, a cui Iren pensa di vendere l’impianto, agirebbe in totale autonomia rispetto agli enti locali e una volta acceso l’impianto avrebbe mano libera su che cosa fare entrare nella fornace”.

Critico anche l’assessore all’Ambiente Gabriele Folli, che ancora una volta punta il dito contro i fautori del progetto: “Una possibilità che dice molto su come è stata pensata l’opera – commenta – Doveva servire alla risoluzione del problema dei rifiuti per il territorio, e invece potrebbe essere utilizzata per scopi di lucro da privati. Stessa cosa per le tariffe: è già stato dimostrato che, a differenza di quanto si diceva in passato, i cittadini con l’inceneritore risparmieranno solo pochi euro”.

Di certo c’è solo che intanto i lavori proseguono e i rapporti tra Iren e Comune di Parma non sono dei più distesi. La multiutility ha chiesto al Tar un risarcimento di 28 milioni di euro di danni per lo stop di alcuni mesi al cantiere stabilito la scorsa estata dall’ex sindaco Pietro Vignali, cancellato poi dal ricorso al Consiglio di Stato. E negli incontri che ci sono stati negli ultimi tempi, non sarebbe stato ancora mostrato il piano economico-finanziario sull’impianto, chiesto in qualità di azionista dal Comune di Parma. “Noi stiamo cercando di mantenere un dialogo aperto, per trovare una soluzione condivisa da cui anche Iren potrebbe trarre giovamento – continua Folli – ma dall’altra parte non c’è una grande disponibilità”.

Al momento al vaglio dei legali e dei consulenti del Comune ci sono tutti gli aspetti della vicenda inceneritore, che nel giro di pochi anni ha collezionato dodici esposti e un’istanza di sequestro. “Un lavoro che richiede tempo, e che non compete solo a noi – chiarisce l’assessore – si attendono anche pronunciamenti dalla Procura sul caso”. Un’operazione complessa e articolata: ci sono le carte e i contratti d’appalto con Iren, che prevedono la penale di 180 milioni di euro a carico del Comune di Parma in caso di recesso.

E sul futuro di Ugozzolo gravano anche due procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea: per l’affidamento diretto della gestione dell’impianto senza gara ad evidenza pubblica e per il costo dichiarato, che per l’Ue ammonterebbe a un valore di circa 315 milioni di euro e non di 193 milioni, come affermato dalla società di servizi. Il richiamo dall’Europa riguarderebbe inoltre l’assenza di controllo da parte dei Comuni sulla gestione di Iren, che essendo una società quotata in Borsa è in mano al potere degli azionisti che non hanno nulla a che fare con i servizi forniti dalla multiutility.

Tutte questioni che ora saranno materia di studio di Rabitti e della squadra di Pizzarotti, mentre il Comune prosegue le prove di dialogo con i vertici di Iren. L’obiettivo del Movimento 5 stelle rimane quello di bloccare l’accensione dell’impianto, come da promessa in campagna elettorale. Tra qualche mese si saprà se Pizzarotti e i suoi riusciranno a portarlo a termine. 

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