Il Comitato Olimpico Egiziano ha fornito attrezzatura e indumenti falsi agli atleti della sua delegazione impegnata ai giochi di Londra 2012. La conferma è arrivata ieri dopo alcune affermazioni ambigue e contraddittorie del presidente del COE, il generale Mahmoud Ahmed Ali. Il caso, che circolava in rete già da diversi giorni, era stato denunciato su Twitter da Yomna Khallaf, campionessa di nuoto sincronizzato, che – rispondendo alla domanda di un giornalista – sosteneva di aver ricevuto una borsa Nike con una zip della Adidas, che conteneva alcune tute e costumi palesemente contraffatti. “In quella borsa c’erano alcune cose divertenti – per esempio un costume XL quando la mia taglia è la S”.

Inoltre, sempre secondo la Khallaf, al momento della consegna del kit i funzionari del Comitato Olimpico avevano fatto intendere agli atleti insospettiti che quell’attrezzatura fosse l’unica a loro disposizione. Il caso ha fatto velocemente il giro della rete mettendo in forte imbarazzo i vertici del comitato olimpico, ripetutamente interrogati sulla vicenda dalla stampa egiziana. Il presidente del COE aveva infatti dichiarato inizialmente al quotidiano di governo Al Ahram che i suoi funzionari erano stati truffati dal rappresentante della nota azienda americana a cui il comitato si era rivolto.

“Noi non ne sapevamo nulla e la differenza tra i capi originali e falsi è impercettibile – affermava Ali – è come quando ti trovi in mano dei soldi falsi, qualcuno li ha contraffatti ma tu non ne sei responsabile”. Intanto, il distributore autorizzato della Nike in Egitto ha fatto sapere in un comunicato stampa che “se la notizia del materiale contraffatto fosse confermata, gli atleti avrebbero ricevuto capi che non rispettano la qualità dell’azienda”. Il distributore Nike ha fatto inoltre sapere di aver chiesto spiegazioni due volte al Comitato Olimpico Egiziano, senza ottenere risposta. Poche ore dopo anche Ali ha ritrattato le sue dichiarazioni precedenti e ammesso all’Associated Press di aver acquistato i kit da un distributore cinese poiché “i fondi a disposizione erano pochi e l’abbigliamento fornito agli atleti era comunque sufficiente”.

La valutazione sulla qualità dell’attrezzatura non trova però d’accordo gli atleti egiziani che, sempre come raccontato su Twitter dalla Khallaf, hanno dovuto acquistare di tasca loro gli indumenti dalla Nike spendendo 17.000 lire egiziane (circa 2310 Euro). Se il caso andrà per vie legali non è ancora certo. Secondo il presidente Ali, la Nike dovrebbe fare causa al distributore cinese che viola il copyright e non al Comitato Olimpico Egiziano. Secondo il giornalista egiziano Mahmud Seif – il primo che su Twitter ha sollevato il caso interrogando la nuotatrice – invece, le responsabilità sono invece da cercare “tra il comitato e i fornitori che gli hanno offerto una ghiotta occasione di vendere i kit a metà del prezzo di mercato”.

“Adesso la priorità è che i giudici facciano luce sui colpevoli – ha continuato Seif – affinché quanto accaduto non si ripeta”. La vicenda rischia di creare un grosso danno di immagine alla delegazione egiziana che alla prima edizione delle Olimpiadi dopo la rivoluzione porta 117 atleti, fra cui il numero più alto di donne per un paese arabo.

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