“Il Pd non è un partito fai da te”. Una stilettata che ha il sapore della scomunica. Così il segretario del Partito democratico di Bologna, Raffaele Donini, ha richiamato all’ordine Francesca De Benedetti, consigliere di quartiere eletta l’anno scorso nelle file del Pd e oggi anche portavoce del comitato referendario Articolo 33. Il suo impegno nella promozione della consultazione cittadino contro i finanziamenti comunali alle scuole private non è piaciuto nei piani alti del partitone, che ieri, attraverso alcune dichiarazioni rilasciate alle agenzia di stampa, ha strigliato la giovane esponente del centrosinistra.

“Chi appartiene al partito dovrebbe sentirsi impegnato su questi temi di ordine programmatico, visto che il Pd non è un partito fai da te – ha commentato Donini –  Dunque sarebbe logico aspettarsi da De Benedetti, che è anche consigliere di quartiere del Pd a Santo Stefano, sarebbe logico aspettarsi che si adoperasse per promuoverli certi temi. A meno che non sia tra coloro che firmano un programma solo per essere eletti e poi se ne dimentica”. E poi conclude: “La consigliera raccoglierà quello che semina”.

Una dura reprimenda, che ha lasciato l’amaro in bocca alla portavoce dei referendari. “La dichiarazione in agenzia è come dire poco garbata, ma non mi risulta che le scomuniche si facciano tramite agenzia di stampa – ha risposto attraverso un post pubblico su Facebook -. Donini mi comunichi per iscritto, se vuol comunicarmi qualcosa, e io risponderò. Non lascerò che polemiche sulla persona invischino e confondano questo dato di fatto. Non intendo prestarmi a strumentalizzazioni. Anche se il ‘raccoglierai quel che semini’ di Donini pare quasi un malaugurio, io stasera ho raccolto di andare a dormire con la serenità di chi onestamente si impegna e dà corpo e anima per la cosa pubblica. Se vi aspettate che chieda scusa per il disturbo, state bussando alla porta sbagliata”.

Insomma, uno scambio di battute al veleno che allunga una pesante ombra sul futuro della maggioranza. Con il via libera al referendum, arrivato qualche giorno fa dai garanti del Comune, che hanno dichiarato ammissibile il referendum consultivo proposto, l’amministrazione cittadina guidata dal sindaco Virginio Merola dovrà fare i conti con una grana non da poco. Una volta terminata la raccolta di 9mila firme, ai cittadini bolognesi sarà chiesto da qui a un anno di scegliere dove mettere un milione di euro delle casse comunali: se nella scuola pubblica o se indirizzarli ancora, come avviene da 10 anni, verso le private convenzionate. Se vincesse l’opzione “pubblica”, per i democratici e il sindaco Merola la situazione diverrebbe scottante, presi tra la volontà popolare da una parte e dall’altra l’alleato numero uno in città, Sinistra Ecologia e Libertà, che non ha mai nascosto di essere contraria ai finanziamenti pubblici alle scuole private e che raccoglierà le firme per il referendum.

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