Centania di disoccupati spagnoli, dopo aver viaggiato per centinaia di chilometri a piedi, hanno raggiunto Madrid dove si sono uniti alla manifestazione di protesta contro il governo conservatore di Mariano Rajoy e i tagli approvati (65 miliardi) dall’esecutivo per ottenere gli aiuti internazionali. I manifestanti si sono uniti ai manifestanti di Puerta del Sol dove il 15 maggio dello scorso anno vide la luce il movimento degli “indignados”, anche se il loro numero supera di poco le mille unità, secondo il sito di El Pais.

Alcuni di loro, avevano il viso coperto dalla maschera bianca di Guy Fawkes come l’eroe di “V for Vendetta” simbolo degli indignados. Altri manifestavano con gli striscioni della Cnt, uno dei principali sindacati spagnoli. Erano un migliaio nella centralissima Puerta del Sol di Madrid ad accogliere le centinaia di disoccupati, in marcia da un mese, arrivati nel pomeriggio di oggi nella capitale per chiedere un “cambio nella gestione politica”. Ma, nei prossimi giorni, a scendere per le strade, saranno verosimilmente in molti di più e non solo a Madrid, ma anche nelle capitali delle regioni autonome, chi a Barcellona, chi a Siviglia o Valencia, visti i nuovi dolorosi tagli che si stanno preparando.

Le regioni a rischio default sono almeno sei oltre alla Comunitat Valenciana ieri, pronte ad attingere al fondo di risanamento messo a punto dal Governo, un primo passo verso un “cambio di gestione” nella loro relazione con Madrid. E tra queste ci sono colossi come la Catalogna e l’Andalusia.

La prima, ieri, è stata la Comunitat Valenciana, una “Bankia delle autonomie”, come la definisce oggi su El País l’analista Josep Torrent Badia: “non sono mancati motivi per associare questa ‘comunitat’ alla Grecia. Due società indebitate, sprecone, con un’economia legata alla speculazione edilizia e in cui essere corrotti, invece di essere uno stigma sociale, era l’ aspirazione di molti”, scrive Badia. Un’aspirazione che si è concretizzata nelle malversazioni dei suoi rappresentati locali, Francisco Camps e Alberto Fabra (del PP), nella “trama Gurtel”, uno dei maggiori casi di corruzione politica nella storia del Paese.

O anche nell’aeroporto di Castellón: 300mila euro al mese di spese, nessun aereo. Un aeroporto fantasma aperto da due anni e dove la scorsa settimana si è inaugurata una statua proprio di Carlos Fabra: un “simbolo della rovina”, l’ha definita il New York Times. La questione riguarda anche altre autonomie mettendo in crisi quel modello di Stato con cui la Spagna è uscita da 40 anni di dittatura franchista dopo una guerra civile molto sofferta soprattutto da baschi e catalani. Una decentralizzazione attraverso la quale le regioni hanno ottenuto l’istruzione pubblica, la sanità, e in alcuni casi le forze di sicurezza. Un modello con cui ottenere l’autonomia da Madrid, capitale a cui sono ora costretti a chiedere aiuto.

Oltre alla Catalogna, sono a rischio Castilla-La Mancha, le Baleari, Murcia, le Canarie e anche l’Andalusia. Dovranno verosimilmente ricorrere al meccanismo di salvataggio, in cambio di un commissariamento statale. Un intervento analogo a quello europeo sulla stessa Madrid e che a Barcellona si vive come una “minaccia” del Governo, a detta del Presidente catalano Artur Mas i Gavarrò. Madrid, e soprattutto il PP che vede ora una possibilitá di “ricentralizzare” l’amministrazione statale, assicura che è parte di una strategia di austerity da “bastone e carota”, nelle parole di Cristobal Montoro, il ministro del bilancio.

Da un lato, permette alle regioni di rispettare l’obiettivo della riduzione del deficit, dall’altro, fornisce le liquidità necessarie ad andare. Ma si tratta di un prestito “straordinario”, ricorda la vice presidente dell’esecutivo Soraya Saenz de Santamaria, e sarà quindi concesso “a condizioni straordinarie”. Per questo gli spagnoli temono dopo i tagli del Governo centrale, quelli delle autonomie. Come è successo quest’anno, per esempio, a Madrid, significa licenziamenti e meno servizi pubblici. Aumentando la sofferenza di una società che oggi, di nuovo, è scesa in piazza contro il peggiore dei drammi: la disoccupazione.

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