Deleghe strappate, insulti contro la presidenza e a mezzo stampa. Due giorni di caos nel Partito democratico per un documento sui diritti civili che l’assemblea di sabato ha impedito di votare. Rosy Bindi ha infatti messo ai voti il contributo del comitato da lei presieduto mentre ha precluso che l’integrazione dell’area “laica” del partito andasse al voto. E’ partita così la protesta di molti delegati, lo sfogo di Paola Concia dal palco, la riconsegna delle deleghe da parte di Andrea Benedino, Aurelio Mancuso ed Enrico Fusco.

Ma a via del Nazareno tutto questo sembra non essere successo. Il sito del Pd titola in homepage: “Diritti: l’Assemblea approva il documento del Comitato, il verbale e un Contributo di arricchimento”. E ancora: “L’Assemblea nazionale del Pd ha approvato il Documento elaborato dal Comitato diritti del Pd, il verbale e un Contributo di arricchimento di alcuni membri del Comitato che vi avevano raccolto le ragioni dei loro distinguo”.

Cliccando nella pagina interna si scopre anche un’altra incredibile anomalia. Il documento dei laici (quello che sostiene, tra l’altro, pari diritti tra etero e gay aprendo la strada al matrimonio tra omosessuali) compare infatti corredato dalle firme dei primi sette firmatari: Vittorio Angiolini, Paola Concia, Paolo Corsini, Gianni Cuperlo, Claudia Mancina, Ignazio Marino e Barbara Pollastrini. Ma non solo. Oltre a queste, ci sono anche altre 200 firme. Tra cui quelle di membri della segreteria di Pier Luigi Bersani come Stefano Fassina e Matteo Orfini o il responsabile giustizia Andrea Orlando e il segretario dei Giovani Democratici Fausto Raciti che avevano firmato solo il primo documento. Un lapsus? Di certo l’errore avrà strappato un sorriso a coloro che sabato sono usciti amareggiati dall’assemblea, aspettandosi posizioni ben più nette sui diritti civili e le unioni omosessuali da parte di un partito progressista. E democratico.

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