L’Alta Corte Costituzionale egiziana ha deciso di sospendere l’applicazione del decreto del presidente egiziano Mohammed Morsi per la ripresa dell’attività del parlamento. Una decisione arrivata a sorpresa dopo che la Camera bassa si è riunita in mattinata. Una seduta breve, di soli 12 minuti. Con lo scopo di chiarire la posizione del Parlamento sulla decisione della Corte Costituzionale che lo scorso giugno aveva sciolto la Camera, la prima eletta democraticamente dopo la caduta di Mubarak. Con alcune ore d’anticipo rispetto all’orario prestabilito, l’Aula si è riunita alle 10.20, dopo che il neo presidente Morsi aveva ordinato con un decreto la riunione della Camera annullando formalmente la sentenza del più alto organismo giuridico del paese

“Con questa riunione non stiamo violando la legge – ha spiegato Saad El Katatni, presidente della Camera – stiamo cercando di chiarire a livello legislativo la posizione dei parlamentari rispetto alla sentenza”. Katatni, inoltre, ha fatto sapere che per la prossima seduta si dovrà attendere il pronunciamento della Corte d’Appello che esaminerà il ricorso presentato dai Fratelli Musulmani sulla validità della sentenza della Corte Costituzionale. Il destino di questa decisione, secondo i giuristi, dipenderà dall’articolo 40 della dichiarazione costituzionale del Marzo 2011 che definisce la posizione dei parlamentari delle due Camere. Ma prima della decisione della 
Corte d’Appello è arrivata in serata quella della Corte Costituzionale che ha sospeso il decreto di Morsi. Nonostante nel pomeriggio decine di migliaia di egiziani – in gran parte sostenitori dei Fratelli Musulmani e salafiti – fossero affluite in piazza Tahrir al Cairo in appoggio al provvedimento del presidente. I manifestanti hanno festeggiato per la riunione del parlamento svoltasi al mattino.

La situazione nel Paese è più che mai calda e instabile. Il decreto di Morsi ha infatti spaccato le istituzioni e l’opinione pubblica egiziana. Il Consiglio Militare Supremo – nei giorni scorsi, poche ore dopo la nota della Corte Costituzionale che riteneva la sua sentenza inappellabile – ha dichiarato che “lo stato deve rispettare le leggi per l’integrità della nazione” lasciando però poco chiara la sua posizione sulla mossa del neo presidente dei Fratelli Musulmani.

I rappresentanti dei partiti laici e vicini alla rivoluzione, invece, hanno deciso di boicottare la seduta di oggi esprimendo il timore che il colpo di mano di Morsi possa monopolizzare le istituzioni e creare anarchia rispetto al sistema legislativo egiziano. Anche i giudici sono sul piede di guerra: il loro organismo di rappresentanza ha, infatti, minacciato di prendere provvedimenti legali conto il neo presidente per aver “sfidato le decisioni dell’organismo giudiziario più alto dello stato”.

Nonostante l’apparente posizione defilata dell’esercito, lo scontro istituzionale nasconde un vero e proprio braccio di ferro tra le due forze più potenti del Paese: i militari, che gestiscono la transizione di governo dalla caduta di Mubarak, e i Fratelli Musulmani, che hanno conquistato con le elezioni le istituzioni del paese vincendo prima le elezioni parlamentari e poi le presidenziali. La stampa egiziana descrive questa situazione come la vera prima sfida tra ikhwan (Fratelli Musulmani) e Consiglio militare dopo il giuramento di Morsi. La lotta per il potere rischia però di rendere sempre più immobile il Paese che resta senza costituzione e senza certezze sulle nomine del nuovo governo su cui, secondo molti analisti, si consumerà l’ennesimo sconto istituzionale.

Aggiornato dalla redazione web alle 20.20

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