Di Corrado Passera hanno bisogno in tanti, per dare un volto e un leader al progetto politico dei cattolici militanti, quello nato in un convegno a Todi a fine 2011. Senza Passera sembra inevitabile “l’irrilevanza dei cattolici”, come l’ha definita Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. Almeno di quell’area cattolica che punta il Parlamento e ha bisogno di un biglietto da visita per entrarci. L’indagine della Procura di Biella sul ministro dello Sviluppo economico, per le operazioni con cui Intesa Sanpaolo, all’epoca da lui guidata, ha pagato oltre un miliardo di tasse in meno del dovuto, non scalfisce l’attrattiva di Passera. E neppure il lato oscuro dell’Intesa gestione Passera, rivelato in questi giorni dal Fatto (l’indagine sul presunto riciclaggio praticato dal ramo lussemburghese della banca, il coinvolgimento nella presunta corruzione al centro del caso Penati) bastano a consigliare ai cattolici di Todi di cambiare riferimento.

“Quando uno è amministratore delegato di una grande impresa è responsabile di fatto perché firma il bilancio, ma è poi difficile stabilire responsabilità personali”, sostiene Giuseppe Fioroni che nel Pd è uno dei maggiori estimatori del ministro. Il ragionamento di Fioroni è semplice: la cosiddetta area moderata, che poi sarebbe l’insieme dei delusi di Pdl e Udc più un pezzo di indecisi del Pd, è un serbatoio di voti cui tanti possono attingere, non solo e non tanto i partiti. Fioroni si candida a essere “un pontiere” che tiene il Pd agganciato al progetto di Todi.

PRIMA DEL GOVERNO

Monti il senso di Todi e delle associazioni che hanno organizzato il convegno era offrire ai suoi due principali ispiratori, Maurizio Sacconi e Giulio Tremonti, un’alternativa al declinare con il berlusconismo. Poi sono arrivati i tecnici, Tremonti ha iniziato a costruirsi un suo percorso autonomo (sempre di sponda con il Vaticano) e Passera è diventato il principale riferimento, il garante delle ambizioni politiche degli altri protagonisti di Todi, ora raccolti nel “Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro” che da poco ha pubblicato il manifesto “la buona politica per tornare a crescere”. C’è Luigi Marino di Confcooperative, Giorgio Guerrini di Confartigianato che ha anticipato il proprio turno alla presidenza di Rete Imprese Italia (la Confindustria parallela dei piccoli) per avere più visibilità nel momento politico. E poi ci sono Sergio Marini della Coldiretti, che un paio di giorni fa ha ospitato il ministro Passera nell’assemblea annuale della propria associazione. E c’è Bernhard Scholz, gran capo della Compagnia delle Opere, il coordinamento delle ricche imprese legate a Comunione e liberazione. Al meeting di Rimini in agosto il più storico dei leader ciellini, Roberto Formigoni, non è coinvolto in alcuno degli eventi in programma (nonostante il settimanale Tempi di Luigi Amicone, pochi giorni fa, se la prendesse con chi insinuava che il “movimento” avesse scaricato il governatore della Lombardia). Passera invece c’è – i suoi guai giudiziari al momento sono molto minori di quelli di Formigoni – e parteciperà a un dibattito su Welfare e sviluppo. Raffaele Bonanni merita un ragionamento a parte. Nello schema originario di Todi lui era il perno di tutto: l’asse tra la sua Cisl e l’allora ministro del Welfare Maurizio Sacconi garantiva quel clima di dialogo tra componenti della società che tanto piace alle associazioni cattoliche più vicine al centrodestra. “Mi raccomando, non scriva che voglio fare politica”, si cautela Bonanni: sta anche provando a ottenere un nuovo mandato alla guida della Cisl, anche se lo statuto non lo consentirebbe. Il fatto che stia puntando ancora sul sindacato, pur non avendo mai nascosto di sentirsi pronto al passaggio alla politica attiva, sembra indicare che Bonanni non crede più al progetto di Todi, pura avendo firmato solo un paio di mesi fa il manifesto per la buona politica in cui si legge che “avvertiamo l’urgenza di un nuovo impegno e la necessità di preoccuparci e occuparci dei problemi della nostra comunità, di interrogarci sulle implicazioni etiche, culturali e sociali delle nostre scelte e dei nostri comportamenti”. In realtà pare che l’atteggiamento di Bonanni non dipenda da una crisi di sfiducia, quanto dal fatto che il suo ruolo è diventato molto meno rilevante durante l’era dei tecnici. Su Passera è piuttosto freddo: “Mi sembra che da ministro stia tenendo un ruolo defilato, secondo me è completamente distaccato dal progetto di Todi, si concentra soltanto sulla sua attività ministeriale”.

DAL SOGNO di una nuova Dc, o di motore di un centrodestra post-berlusconiano, la compagine di Todi sembra ora poter ambire a essere soltanto una specie di comitato elettorale di Passera (e forse di Andrea Riccardi, altro ministro todino). L’ex banchiere lo ha detto più volte che immagina il suo futuro in politica. Non sarà il nuovo leader dei moderati (categoria giornalistica che sembra poco evidente nei sondaggi) che qualcuno si aspettava. Ma se hanno ragione Fioroni e quelli che nel Pd guardano al centro, Passera può diventare un elemento molto utile per spingere il centrosinistra un po’ più lontano dalla sinistra di Nichi Vendola e Antonio Di Pietro. Sempre che dal passato bancario del ministro dello Sviluppo non emergano altre storie poco commendevoli che potrebbero offuscarne l’immagine. Se non agli occhi dei suoi sponsor (che già si vedono felici peones in Parlamento), almeno davanti a quelli degli elettori.

da Il Fatto Quotidiano dell’8 giugno 2012

Twitter @stefanofeltri

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