Agenda digitale italiana, in acronimo, Adi, cabina di regia per l’agenda digitale italiana, decreto digitalia e ora Agenzia per l’Italia digitale. Se bastassero sigle e parole per rendere un Paese più moderno, il nostro sarebbe, da tempo, leader indiscusso dell’innovazione globale. Sfortunatamente, tuttavia, non è così e per innovare servono fatti più che parole. Ed è per questo che il nostro Paese è – e rimane – il fanalino di coda nell’Unione europea quando si parla di digitale, internet e progresso.

È sconcertante quanto sta accadendo – nel silenzio dei più – sul fronte della politica dell’innovazione di questo Governo. La cabina di regia per l’agenda digitale italiana ha completato come da copione il suo “compito a casa” nel tempo record di tre mesi [n.d.r. tanto record da indurre almeno a dubitare della qualità del lavoro realizzato] raccogliendo idee e proposte su quello che avrebbe dovuto, già da qualche settimana, essere lo schema dell’annunciato Decreto Digitalia che, a sua volta, avrebbe dovuto contenere le regole per l’attuazione – anche se in ritardo – nel nostro Paese dell’agenda digitale europea.

Nonostante le ripetute promesse del Premier e dei tanti – forse troppi –  ministri, responsabili del progetto, tuttavia, il decreto non ha ancora visto la luce e ora si inizia a dubitare che la vedrà, almeno prima dell’estate giacché sembra che a Palazzo Chigi si siano dimenticati di un dettaglio non da poco – soprattutto di questi tempi – come la copertura finanziaria. Difficile pensare di fare davvero innovazione senza soldi. A settembre, quando questo Governo sarà già impegnato nei saluti di commiato, poi si vedrà.

Quel che è già certo è che non sarà – come invece avrebbe dovuto accadere – il Governo dei tecnici ad attuare le riforme necessarie a far recuperare al Paese la siderale distanza in termini di innovazione che lo separa dal resto del mondo. Sarà un problema di chi verrà e, c’è da giurarci – conoscendo le italiche abitudini – che chi verrà pretenderà di riscrivere da capo le regole necessarie a dare al Paese il futuro del quale ha un disperato bisogno. Ancora una volta avremo perso tempo e soldi senza fare neppure un minuscolo passo avanti in termini di innovazione.

Forse, proprio per questa consapevolezza, il Governo dei Professori almeno una cosa l’ha voluta far subito, tanto per lasciare il segno. Con qualche migliaio di caratteri e quattro articoli infilati “a panino” nel recente Decreto legge recante “Misure urgenti per la crescita del Paese” – anche nel naming dei propri decreti legge il Governo dei Professori non è secondo a nessuno – infatti è stata istituita l’Agenzia per l’Italia Digitale [n.d.r. che non c’è] e sono stati, contestualmente, soppressi DigitPA –  già AiPA e poi CniPA, sulla scena dell’informatizzazione della pubblica amministrazione sin dal 1993 – e la “modernissima” Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione, nata solo nel 2005. La neonata Agenzia sarà – condizione che la pone in una posizione assai poco invidiabile – “sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato,  del ministro dell’economia e delle finanze, del ministro per la pubblica amministrazione e  la semplificazione, del ministro dello sviluppo economico e del ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.

Un premier e quattro ministri per una sola Agenzia, appaiono – se anche non si aggiungesse altro – un’idonea garanzia di sicuro immobilismo e certa paralisi del neonato ente. L’Agenzia, lungi dall’essere titolare di funzioni o compiti nuovi – giacché le uniche eventuali novità arriveranno solo se e quando vedrà la luce, con i necessari denari, il Decreto Digitalia – dovrebbe assorbire, nei prossimi giorni, ovvero al più tardi entro il prossimo 26 luglio, tutti i compiti e le funzioni sin qui svolte da DigitPA e dall’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione e – come se non bastasse – quelli del Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei ministri. È in passaggi come questo che il Governo dei Professori andrebbe ribattezzato Governo dei ragazzini o dei parolai ma, soprattutto, è in scelte di questo genere che, mostra, purtroppo, la totale mancanza di una visione di insieme dei problemi del Paese e di come si dovrebbe governare la “cosa pubblica”.

Bastano poche righe per supportare un giudizio tanto severo. Mentre – almeno a quanto si sa – Palazzo Chigi sta lavorando all’imminente varo di un Decreto dedicato esclusivamente all’attuazione dell’agenda digitale italiana, per qualche incomprensibile – e certamente irrazionale – ragione si sceglie di pre-istituire un’Agenzia che di quell’agenda dovrà essere responsabile. Non aveva più senso dar vita all’Agenzia – ammesso che fosse davvero necessaria – nell’ambito dell’imminente decreto Digitalia?

Ma non basta. In piena estate, si smantella un Ente che lavora sull’informatica pubblica da quasi un ventennio per affidarne le funzioni – in fretta e furia – ad un’Agenzia che deve ancora nascere e prima ancora della costituzione dei suoi organi direttivi. Le norme che regolano il “passaggio di consegne” da DigitPA, dall’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione e dal Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri alla neonata Agenzia per l’Italia digitale, infatti, stabiliscono che non appena sarà nominato il direttore generale di quest’ultima – il che dovrà avvenire entro il prossimo 26 luglio – “Il direttore generale esercita in via transitoria le funzioni svolte dagli enti soppressi e dal Dipartimento…, in qualità di commissario straordinario fino alla nomina degli altri organi dell’Agenzia”. Cercasi superman disperatamente, dovrebbe recitare – ammesso che mai venga scritto – l’avviso pubblico attraverso il quale, stando a quanto previsto nel decreto istitutivo della nuova Agenzia, dovrà essere reclutato il suo Direttore Generale. Un solo uomo chiamato a governare, per mesi – ed in piena estate –, tre giganti della pubblica amministrazione italiana.

Qual è il senso di scelte di questo genere? Davvero non si poteva attendere qualche mese in più per smantellare DigitPA – ammesso, circostanza della quale è lecito dubitare, che si trattasse di scelta opportuna – dopo quasi vent’anni di attività e lasciare che la nuova Agenzia si dotasse dei suoi organi di controllo, prendesse confidenza con la complessa materia che si troverà a governare e, soprattutto, divenisse titolare di quei ruoli e funzioni auspicabilmente nuovi che il famoso Decreto Digitalia dovrebbe attribuirle?

C’è molto di più nell’affrettato provvedimento con il quale si sono voluti dare i natali alla nuova Agenzia per l’Italia digitale che non va. Serve tempo per valutare la bontà di una scelta tanto importante. Qual è l’urgenza di creare una nuova Agenzia che svolga compiti e funzioni che altri Enti svolgono da decenni? Il Parlamento deve rifiutarsi di convertire in legge le disposizioni istitutive della nuova Agenzia, chiedere al Governo di ripensarci e di valutare queste scelte quando, finalmente, porrà la penna sul Decreto Digitalia. Di parole e spezzatino di innovazione non ne possiamo più.

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