Oggi l’Italia è un Paese più giusto. E più forte, perché sa guardare dentro se stesso, sa ammettere le proprie responsabilità senza risparmiare nessuno. È arrivata tardi la sentenza della Diaz. È maturata dopo indecenti tentativi di depistaggi, dopo che la prescrizione aveva spazzato via le accuse per le violenze. Ma alla fine è arrivata.

Un terremoto che ridisegnerà i vertici della Polizia. Tra i condannati per falso troviamo Francesco Gratteri, capo della Direzione Centrale Anticrimine e candidato a diventare capo della Polizia; poi Giovanni Luperi, capo della sezione analisi dei servizi segreti e Gilberto Caldarozzi che guida il Servizio Centrale Operativo (Sco). Un terremoto che avviene per la responsabilità di chi guidava la polizia e di quei governi (di destra e sinistra) che hanno avallato le carriere vertiginose di dirigenti accusati di reati gravissimi.

Una condanna che non è contro la polizia nel suo complesso. Tanti, la maggioranza degli appartenenti al corpo, dedicano la vita a servire lo Stato. La decisione della Cassazione potrà forse rimarginare la terribile ferita del G8. Non solo: potrebbe aiutare a fare luce su altre violenze compiute dalle forze dell’ordine. Allora, finalmente, si potrà ristabilire il legame necessario tra i cittadini e la loro polizia. A una condizione: che i condannati abbandonino subito gli incarichi.

Ma in gioco, con la sentenza di ieri, non c’erano solo i giorni del G8 con il riaffacciarsi di violenze che ricordavano il fascismo. C’era la frase che campeggia nei Tribunali: “La legge è uguale per tutti”. Ecco, la giustizia e la legalità che molti vorrebbero eludere. Beni che più di qualsiasi manovra ci serviranno per uscire dalla crisi.

Ora possiamo guardare avanti. Senza dimenticare.

Il Fatto Quotidiano, 6 Luglio 2012

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