Primo appalto Expo e prima clamorosa revoca. Il Comune di Milano esterna tranquillità, ma rischia uno stop di tre mesi ai cantieri e una raffica di ricorsi per indennizzi milionari. La società di gestione Expo Spa ha annunciato oggi di aver revocato l’autorizzazione al subappalto nei confronti di un’impresa (Elios srl di Piacenza) attualmente al lavoro nel cantiere per la risoluzione delle interferenze del sito espositivo. La società spiega che la decisione è stata presa sulla base di una informativa della Prefettura di Milano che, “pur non evidenziando tentativi di infiltrazione mafiosa, ha segnalato elementi suscettibili di valutazione sotto il profilo dei requisiti soggettivi dell’impresa subappaltatrice e tali da pregiudicare il rapporto fiduciario tra Expo 2015 e l’impresa”. “Infatti la revoca dell’autorizzazione al subappalto – spiega ancora Expo 2015 – è stata assunta avvalendosi della facoltà discrezionale della stazione appaltante prevista dal Protocollo di legalità sottoscritto tra Expo e Prefettura del 15 febbraio 2012. Questa decisione non pregiudicherà in alcun modo la prosecuzione dei lavori secondo i programmi stabiliti”.

La vicenda investe frontalmente la Elios che è capofila di una cordata di imprese chiamate dalla Cmc di Ravenna a ottobre a eseguire i lavori di rimozione delle interferenze in tre lotti da 5 milioni di euro ciascuno. Il fulmine a ciel sereno arriva a conclusione del primo lotto e a cantiere aperto. A segnalare “elementi suscettibili di valutazione” è la Prefettura. Gli elementi sono tratti da un’indagine in corso alla Procura di Novara per inquinamento ambientale che vede coinvolte numerose imprese tra le quali appunto la Elios. In realtà l’indagine è partita due anni fa, ma a Milano nessuno ne sapeva nulla e il subappalto è andato in porto. La notizia appare sui giornali a marzo e il collegamento tra le vicende costringe tutti gli attori istituzionali coinvolti a pararsi dietro a frasi di circostanza. Le stesse che il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, affida oggi a uno scarno comunicato per stigmatizzare che invece quei controlli ci sono e funzionano eccome, proprio la revoca dell’appalto Elios ne sarebbe la prova più evidente, tale da “costituire un esempio per tutto il Paese”. Peccato che l’azienda operasse su cantieri di Expo ormai da quattro mesi.

Lieto fine? Tutt’altro. Il direttore generale dell’impresa piacentina Dante Bussatori annuncia ricorso al Tar e spiega al Fattoquotidiano che molto probabilmente le altre aziende del raggruppamento di imprese di cui Elios è capofila (Bianchini Costruzioni, Omegna Scavi di Scaramozza, Poledil, Testa Battista) potranno avanzare richieste di indennizzo del danno. Lunedì gli uffici legali saranno al lavoro per studiare la situazione ma intanto arrivano anche le prime crepe sulle rassicurazioni dispensate oggi da Palazzo Marino circa la continuità dei lavori. “I cantieri si fermeranno almeno 90 giorni”, spiega Bussatori. La Cmc infatti dovrà individuare altri fornitori, avviare la trattativa economica, ottenere l’autorizzazione al subappalto e poi ci sarà il passaggio di consegne e la presa in carico delle aree”. Minimo tre mesi di stop. Che potrebbero dilatarsi se il Tar ravvisasse che l’esclusione di Elios sia stata discriminatoria. Sul punto i titolari della ditta spiegano che non c’è impresa italiana operante nel settore delle bonifiche che non abbia avuto indagini a carico. Che Elios ne ha avute tre in undici mai e mai una sentenza di condanna. “Nella comunicazione della Prefettura si dice chiaramente che non è stata evidenziato alcun tentativo di infiltrazione ma elementi suscettibili di valutazione sotto il profilo dei requisiti soggettivi. Penso che la valutazione di Expo Spa sia stata precipitosa. Nel settore ambientale le inchieste della magistratura sono a strascico: se individuano un illecito indagano tutti gli operatori che hanno vincolo associativo, poi magari impiegano sei anni per stralciare una posizione. Sfido chiunque a trovare un’impresa in questo settore di pari dimensione alla nostra che non è mai stata sottoposta a indagine. Tre volte siamo stati indagati, mai una condanna. Proprio ieri mi è arrivata l’assoluzione piena per una vicenda del 2006 a Pavia. Ma intanto gli effetti per chi opera nei cantieri sono devastanti. In questi casi l’imprenditore ha solo una scelta, se rivalersi o meno contro chi precipitosamente ha revocato un affidamento, anche perché le indagini della Procura di Novara non sono neppure chiuse, non c’è stato un rinvio a giudizio e il codice pubblico degli appalti esclude chi ha carichi pendenti. Non chi è sottoposto a un’azione di tutela della magistratura”.

Dalle parole ai conti il passo è breve. Per la Elios la decisione di Expo Spa comporta la perdita di almeno 10 milioni. Se il Tar dovesse rilevare che non c’erano elementi sufficienti alla revoca l’azienda potrebbe rivalersi per pari importo, oltre a penali. E lo stesso le altre aziende. “Quella di Expo Spa è un eccesso di zelo che potrebbe costargli davvero caro tra slittamento del cronoprogramma ed eventuali penali da pagare”, attacca l’imprenditore piacentino. Sul cantiere Expo la notizia viene accolta come un terremoto. La società di gestione infatti non ha informato né la mandataria Cmc né le imprese che li operano. Neppure la direzione lavori. I commenti politici sono improntati alla soddisfazione, pericolo scongiurato. Cauti e critici i sindacati che hanno denunciato da tempo il rischio che a operare in area Expo finissero imprese sottoposte ad accertamenti. Per Antonio Lareno della Camera del Lavoro di Milano “è un bene che i controlli funzionino, ma ancora una volta occorre ricordare che questi fenomeni sono strettamente connessi alla pratica deleteria del massimo ribasso. Nel caso specifico, come CGIL, già nel 2011, eravamo intervenuti purtroppo inutilmente, sulla società EXPO per evitare l’utilizzo del sistema di licitazione al massimo ribasso per il cantiere in questione”. La revoca del primo e unico appalto getta un ombra sul prossimo che dovrebbe andare in porto a giorni. Il 15 luglio sarà decisa la commessa per l’edificazione del sito, la cosiddetta piastra. E lì ripartirà il valzer dei subappalti. 

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