Il bosone di Higgs è chiamato “particella di Dio” perché grazie ad essa ogni cosa ha una massa e la materia esiste così come la conosciamo. E’ l’ultimo mattone del quale la fisica contemporanea ha bisogno per completare la principale delle sue teorie, chiamata Modello Standard. Questo è una sorta di “catalogo della materia” che prevede l’esistenza di tutti gli ingredienti fondamentali dell’universo così come lo conosciamo. Comprende dodici particelle elementari organizzate in due famiglie: i quark e i leptoni, che sono i veri e propri mattoni della materia, presenti nell’infinitamente grande, come nelle galassie, negli stessi esseri umani come nel mondo microscopico. Comprende inoltre una famiglia di altre dodici particelle, che sono i messaggeri delle tre forze della natura che agiscono nell’infinitamente piccolo, chiamate forza forte, elettromagnetica e debole. Di queste particelle-messaggero fanno parte i componenti elementari della luce chiamati fotoni, e i gluoni, che sono la colla che unisce fra loro i mattoni della materia, come i quark nel nucleo dell’atomo.

Tutti questi componenti della materia sarebbero inanimati senza una massa: è il bosone di Higgs che li costringe a interagire tra loro e ad aggregarsi. Per questo in una delle descrizioni più celebri paragona il bosone di Higgs ad un personaggio famoso che entra in una sala piena di persone, attirando intorno a sè gran parte dei presenti. Mentre il personaggio si muove, attrae le persone a lui più vicine mentre quelle che lascia alle sue spalle tornano nella loro posizione originale e questo affollamento aumenta la resistenza al movimento. Vale a dire che il personaggio acquisisce massa, proprio come fanno le particella che attraversano il campo di Higgs: le particelle interagiscono fra loro, vengono rallentate dall’attrito, non viaggiano più alla velocità della luce e acquisiscono una massa. 

Il bosone di Higgs è anche l’unica particella che conosciamo che prende la sua massa interagendo con se stesso. Anche il bosone di Higgs, come tutte le altre particelle massicce, prende massa “navigando” e interagendo con il suo campo. Proprio il valore di questa interazione, l’attrito sperimentato dal bosone di Higgs quando nuota nel “mare” da lui stesso prodotto, determina alla fine la stabilità o meno del vuoto in cui il nostro Universo si trova. Una massa del bosone di Higgs pari a 126 volte la massa del protone (il valore che sembra emergere dai risultati di Lhc) è, di pochissimo, inferiore a quella che garantirebbe che l’Universo in cui viviamo possa rimanere nello stato in cui siamo per sempre nel suo futuro. In altre parole, il nostro Universo ha evitato uno stato rigidamente stabile. Il fatto, però che saremmo così vicini a una situazione di stabilità “forte” implica che il tempo richiesto al nostro Universo per compiere il passaggio dallo stato in cui oggi viviamo a quello in cui non ci sarebbero più le condizioni necessarie per la nostra esistenza, diventa molto più lungo dei 13 miliardi di anni e passa trascorsi dal Big Bang iniziale. Insomma, è come un pallone che colpisce il palo: se il bosone di Higgs avesse avuto un centesimo di massa in più il pallone sarebbe entrato in rete, cioè l’Universo sarebbe stato stabile in tutta la sua evoluzione futura; un centesimo in meno, e il pallone sarebbe clamorosamente uscito, cioè l’Universo avrebbe imboccato la strada di uno stato di vuoto “instabile” in cui non ci sarebbe stato posto per la nostra esistenza.

Il bosone di Higgs è una particella, ma anche un campo (diffuso ovunque nello spazio) attraverso cui passano le altre particelle, cioè gli elettroni, i quark, i fotoni, ecc. Tutte queste particelle, tranne i fotoni, vengono rallentate dal campo di Higgs: è come se ci fosse un attrito tra loro e il campo. Queste particelle non viaggiano più alla velocità della luce (tranne i fotoni) perché si sono “appesantite”, cioè hanno acquistato massa. Alcune sono rallentate moltissimo e hanno assunto quindi una massa grande, come il quark top o il bosone W, altre invece attraversando il campo più velocemente, rimangono più leggere, come ad esempio gli elettroni.

Ora che è stata scoperta l’ultima particella chiave del Modello Standard, la ricerca in fisica non è finita. Una volta appurato che abbiamo veramente scoperto il bosone di Higgs, bisognerà innanzitutto rispondere a un quesito-chiave per il futuro della fisica: si tratta del bosone di Higgs previsto nel Modello Standard che descrive le forze elettromagnetiche e deboli (quelle responsabili della radioattività), oppure è un bosone simile ma diverso e quindi araldo di una nuova fisica al di là del Modello Standard? E’ una domanda a cui potrebbe essere molto difficile o addirittura impossibile rispondere nell’ambito della fisica. Attraverso il suo ente di ricerca che si occupa di questo tipo di fisica, cioè l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), le sue università, ma anche alcune delle sue industrie di tecnologia avanzata, il nostro paese ha dato un enorme contributo alla ricerca della particella di Higgs. Ora tale ricerca viene condotta in esperimenti alla macchina acceleratrice Lhc del Cern di Ginevra: tali esperimenti sono portati avanti da vastissime collaborazioni internazionali con migliaia di fisici. Tra questi ci sono centinaia di nostri connazionali, appartenenti all’Infn, a università italiane o anche “emigrati” in istituzioni straniere. Molte parti di Lhc sono dovute a nostre industrie che si sono aggiudicate commesse attraverso un’aspra competizione internazionale.

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