Sei pagine e mezzo di necrologi. Tante furono necessarie a La Stampa, nell’agosto 2008, per far spazio al cordoglio di Torino dopo la tragica morte di Andrea Pininfarina, 51 anni appena. Quel giorno, con il suo giovane presidente, cominciò a morire anche la storica carrozzeria. Oggi la morte del padre Sergio, l’uomo che portò il marchio Pininfarina ai vertici, assomiglia alla triste certificazione di un trapasso epocale anche per la grande carrozzeria torinese.

Dopo i fasti del secolo scorso, la Pinifarina – ormai – ha di fatto cessato la produzione. L’ultimo sogno, quello della vettura elettrica made in Piemonte studiato da Andrea Pininfarina in tandem con il finanziere francese Vincent Bollorè, è naufragato. Dall’ottobre 2011 le ultime tute blu dello stabilimento di San Giorgio Canavese e gli impiegati del quartier generale di Cambiano – in tutto 127 persone – sono stati messi in mobilità. Gli ex lavoratori dello stabilimento di Grugliasco, invece, sono stati “ceduti” insieme alla loro fabbrica alla De Tomaso della famiglia Rossignolo, che voleva creare il secondo polo automobilistico italiano dopo Fiat e non è mai riuscita ad avviare la produzione. E quasi sicuramente mai lo farà. Il marchio Pininfarina rimane in piedi per le attività legate alla progettazione e ai prototipi.

Troppo poco per Torino, abituata – nonostante tutto – a sentirsi ancora il centro del mondo, quando il mondo si declina secondo il linguaggio dell’eleganza e del design dell’auto. Un mondo che aveva tre poli: Pinifarina, Bertone e Giugiaro. La prima arranca, la seconda – finita in mano Fiat – attende le Maserati di Fabbrica Italia e forse le avrà, la terza ha deciso di rivolgersi altrove, alla Volkswagen. E forse ha fatto la scelta giusta, visto che la Italdesign, negli ultimi tempi, è stata una delle poche aziende capaci di assumere invece di smobilitare.

La notizia della morte di Sergio Pinifarina arriva sotto la Mole nello stesso giorno in cui la Fiat presenta la 500L, la versione familiare dell’ultimo successo del Lingotto. Cinque anni fa il lancio della 500 fu in mondovisione, luci, fuochi d’artificio, giochi d’acqua sul Po e passerella di jet set sul palcoscenico di piazza Vittorio. Oggi il nuovo modello sarà esibito al chiuso delle ex Officine Grandi Riparazioni, la location di “Quello che non ho” di Fazio e Saviano. Poteva essere una nuova festa per Torino. Non lo sarà. La 500L, promessa da Marchionne a Mirafiori, sarà prodotta in Serbia grazie ai generosi finanziamenti pubblici del governo di Belgrado.

A Torino qualcuno crede ancora alle promesse di Marchionne? Chissà. Intanto, oltre alla Fiat, c’è un distretto dell’auto ancora in vita, nonostante tutto. La scommessa, già timidamente avviata, è quella di separare le sorti da quelle del Lingotto. Sperando che non sia troppo tardi.

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