Sono stati scritti fiumi di parole sulla violenza del terremoto, che in un pugno di secondi si porta via la storia, i ricordi, le sicurezze, una vita intera. Sulla natura scriteriata che non perdona: l’uomo certe volte non è da meno.

Di Cavezzo tutti ricordano l’immagine dei palazzi accartocciati su se stessi, un enorme cumulo di macerie sotto il sole di maggio. Il centro del paese è zona rossa, una mappa dolente di muri feriti. Non tutti nello stesso modo, ovviamente. Palazzetto Paltrinieri in via Solferino era una casa centenaria di quattro piani. Nel corso del Secolo breve ne ha viste di tutte, resistendo a due guerre: durante il secondo conflitto è stata sequestrata e occupata dalle SS. Ma è sempre rimasta in piedi. Ce lo racconta Alessio Bondi: il Palazzetto l’ha costruito il suo bisnonno nel 1912 e prima del terremoto ci abitava anche lui. “Mio nonno è morto giovane: la casa l’ha mandata avanti, con fatica e sacrifici, mia nonna con le sue sei figlie. Ci stavo con i miei genitori, mio fratello, mia zia e una cugina”. Dentro: cent’anni di famiglia, foto, libri, dischi, due mandolini Mozart di madreperla del 1800. E tre mobili di grande valore donati dalla duchessa di Modena, di cui una parente era stata dama di corte.

Il Palazzetto Paltrinieri non c’è più: è stato abbattuto. E non perché il sisma l’aveva danneggiato irrimediabilmente. È stato buttato giù l’8 giugno, i proprietari l’hanno scoperto dalla tv. “Abbiamo lasciato il paese e la nostra casa dopo la scossa del 20 maggio: aveva una crepa che l’aveva divisa dalla costruzione adiacente, un edificio costruito vent’anni dopo il nostro e con materiale molto più povero. Per colpa di quel fabbricato la nostra casa era inagibile. Ma era stata dichiarata recuperabile dopo opportuni interventi da una perizia che avevamo richiesto a un ingegnere. L’8 giugno mi ha telefonato mia zia, dicendomi che in televisione si vedeva casa nostra mentre veniva abbattuta dalle gru. Sono rimasto esterrefatto. Ho chiamato immediatamente il Comune per chiedere spiegazioni”. Ce ne sono state diverse. Prima chi ha cercato di cavarsela con “la casa l’ha buttata giù il terremoto”. Poi “abbiamo dovuto abbatterla perché era pericolosa per i cittadini”: ma questo è impossibile perché il centro del paese è completamente transennato, si può entrare solo con autorizzazione e accompagnati. “Subito sono riuscito a mettermi in contatto con il geometra dell’ufficio tecnico del Comune”, spiega Alessio. “Ma a un certo punto ha riattaccato. Ho provato e riprovato, alla fine mi hanno passato il capo della squadra di pompieri che ha demolito fisicamente la casa. Ha detto che dopo aver abbattuto l’edificio adiacente si sono accorti che i muri della nostra casa erano molli, che i pavimenti erano integri come le stanze, ma li avevano demoliti ugualmente”.

Resta inspiegabile il mancato avviso ai proprietari, che avrebbero potuto almeno salvare gli arredi. “Mi è stato risposto che pensavano fosse una casa unica e che quelli del Comune hanno detto di procedere alla demolizione”. Lo stesso vigile il giorno dopo ha cambiato versione. “Ha sostenuto che la casa era collassata all’interno, che le travi del tetto erano marcite”, spiega amareggiato Alessio. “Ha detto anche di essere in possesso di alcune foto scattate subito prima della demolizione. Ma a noi non sono mai pervenute. Ne aveva una sul cellulare, me l’ha mostrata ma si vedevano già le gru al lavoro”. La casa, raccontano in paese, era così solida che ci hanno messo due ore a demolire solo il tetto . E per buttarla giù tutta hanno impiegato un giorno.

Il sindaco Stefano Draghetti “all’inizio ha ammesso l’errore”, conclude Alessio. “Poi ha provato a rassicurarci dicendo ‘vi ricostruiremo una casa più bella di quella di prima, vi pagheremo tutti i danni”. Poi, con la stampa, ha ritoccato la versione: “Una volta demolito il fabbricato adiacente, i pompieri si sono accorti che anche l’altro stava cadendo e mi hanno chiesto un’ordinanza che consentisse loro di procedere per evitare possibili gravi rischi. L’ho firmata, purtroppo non c’è stato il tempo di avvertire i proprietari”. Ora sarà il giudice a decidere quanto questa svista costerà alle casse municipali. Intanto davanti alle macerie “a loro insaputa”, ora c’è uno striscione: “Ecco la casa abbattuta dal Comune di Cavezzo senza avvisare i proprietari”.

(ha collaborato Annalisa Dall’Oca)

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