La legge italiana? Folclore. L’accostamento tra una sentenza, emessa nel nome del popolo italiano, e l’insieme di usi, tradizioni e arti, anche pittoresche, di un popolo è di Sergio Marchionne. L’amministratore delegato di Fiat che mastica ancora amaro per il verdetto che impone al gruppo di Torino di reintegrare 145 Fiom di Pomigliano D’Arco perché l’azienda li ha discriminati. “Questa legge non esiste innessuna parte del mondo, da quanto ne so. Focalizzare l’attenzione su questioni locali, ignorando il resto, è attitudine dannosa. Un evento unico che interessa un particolare paese che ha regole particolari che sono folcloristicamente locali”. Il manager svizzero risponde così a chi gli chiede un commento alla sentenza e dice di non voler aggiungere altro: “Non posso dirle quello che penso, ma le dirò che Fiat farà appello contro la decisione del tribunale”.

“Mi incontrerò presto con gli avvocati. Abbiamo visioni diverse da quelle espresse dalla sentenza. Le implicazioni sulla situazione del business in Italia sono drastiche, perché l’Italia – dice Marchionne ripetendo un concetto espresso già molte volte – ha un livello di complessità nella gestione del mondo industriale che è assente nelle altre giurisdizioni. Tutto diventa puramente italiano, facendo diventare tutto difficile da gestire. Non ho mai visto nei miei viaggi, nei miei incontri qualcuno che fosse veramente interessato a questa decisione (del tribunale, ndr), nessuno che è li a fare la fila per venire a investire, non credo che cambierà nulla, ma creerà un nuovo livello di complessità nell’ambiente italiano”.

Le reazioni alla dichiarazioni di Marchionne arrivano a stretto giro. “Evidentemente Marchionne pensa divivere nel Paese di Pulcinella. Infatti, dire che le norme italiane sono folkloristicamente localì equivale a calpestare l’ordinamento giuridico e a farsi beffa delle sentenze dei Tribunali” commenta la senatrice Giuliana Carlino, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Lavoro, che aggiunge: “L’ad di Fiat che discrimina i sindacati scomodi dovrebbe avere almeno la decenza di tacere. Reintegri piuttosto i tre operai di Melfi ingiustamente licenziati e assuma i 145 iscritti Fiom nella fabbrica di Pomigliano d’Arco. L’arroganza dell’ad Fiat è diventata davvero insopportabile. A questo punto le ipotesi sono due: o Marchionne prende lezioni dal ministro Fornero o viceversa. In ogni caso – conclude Carlino – entrambi meritano di essere bocciati in materia di regole democratiche”. Sempre dall’Italia dei Valori arriva un’altra riflessione: “Ancora una volta Marchionne non trova niente di meglio da fare che insultare l’Italia e gli italiani che lavorano. Evidentemente l’amministratore delegato di Fiat conosce solo questa strada per nascondere le continue perdite di mercato, la chiusura degli stabilimenti italiani e la sua incapacità di sfornare modelli innovativi e competitivi. I nostri giudici non fanno sentenze folkloristiche, semplicemente applicano la legge – dice il responsabile lavoro e welfare dell’Italia dei Valori, Maurizio Zipponi – .Ricordiamo a Marchionne che può spararle sempre più grosse proprio perché l’Italia è un Paese democratico e la nostra Costituzione, che la Fiat calpesta, garantisce la libera manifestazione del pensiero. L’ad di Fiat si rassegni: le sentenze della magistratura vanno rispettate, perché la legge nel nostro Paese è uguale per tutti”.

Anche la Fiom reagisce. ”Non mi sembra serio parlare di folclore di fronte a una sentenza che interviene su una discriminazione. La Fiat in tutti i Paesi in cui va è tenuta a rispettare le leggi, lo deve fare anche in Italia – argomenta Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom – Bisogna smetterla di fare dall’estero la caricatura dell’Italia e degli italiani: il Paese non è pizza e mandolini, abbiamo leggi e giudici seri. In tutto il mondo le imprese rispettano le leggi e le sentenze dei tribunali che le ospitano, la Fiat lo faccia anche in Italia, dove è da sempre più che un ospite”.  Anche Oliviero Diliberto, segretario del Pdci replica a Marchionne: ”Le norme italiane, anche sequalcuno prova con costanza a distruggerle, sono il frutto di decenni di lotta delle lavoratrici e dei lavoratori. La sentenza dei giorni scorsi dimostra che a Pomigliano sono avvenute discriminazioni: è un fatto enorme. Invece di insultare la legislazione italiana, Marchionne farebbe bene a preoccuparsi per piani industriali e progetti che fanno acqua da tutte le parti”.

Queste reazioni hanno forse convinto Marchionne a una precisione dalla Cina: “Nel corso della sua storia Fiat non si è mai scostata dai suoi obblighi nei confronti del rispetto delle leggi, e continueremo a farlo. Fiat rispetterà  la decisione del tribunale. Posso dire che la questione è  in mano al nostro staff legale e che presenteremo appello contro la pronuncia della Corte. Quello che io penso su questa pronuncia non conta”. 

Certo che è anche solo due giorni fa l’ad aveva trovato una sponda proprio in un sindacato. Per la Fim-Cisl la sentenza “può produrre una danno e può scoraggiare gli investitori”. Non si tratta solo della sentenza sulla fabbrica in provincia di Napoli, spiegava il segretario nazionale Giuseppe Farina “ma anche le trenta o quaranta cause che la Fiom sta portando in tutti stabilimenti, con la Fiat che deve rispondere a cose spesso anche pretestuose”. Queste situazioni, sostiene Farina, “non danno un’immagine di un paese con fattività delle decisioni e dove, una volta fatti gli accordi, gli imprenditori hanno certezza di portare avanti gli investimenti. E’ un danno per l’industria del paese in un momento in cui ci servirebbe che gli imprenditori vengano a investire in Italia. Posto che tutte le sentenze vanno rispettate devo dire che questa sentenza mi sembra molto discutibile, al di là giudizio se sia vero che c’è stata una discriminazione nei confronti di un sindacato. Costruisce un giudizio di discriminazione sulla base di un calcolo delle probabilità; in più, creando un canale di privilegio nei confronti di alcuni discrimina di fatto gli altri lavoratori. Credo – conclude – che sia una sentenza costuita in maniera un pò fantasiosa“. Fim e le altre sigle che hanno invece firmato l’accordo con l’azienda Uilm, Ugl , Fismic e Aqcf, hanno dato mandato propri legali “di attivare iniziative volte ad impedire atti discriminatori nei confronti di tutti i lavoratori” con lo scopo “di verificare un’ipotesi di intervento nel prosieguo della vicenda coinvolgendo le proprie strutture sul territorio”. La sentenza, dicono ad una sola voce, è “discriminatoria” perché crea “una corsia preferenziale” a favore di 145 lavoratori iscritti alla Fiom rispetto ai 1400, tesserati e non tesserati, ancora in attesa di essere ‘riassuntì dalla Newco Pomigliano e al momento in Cigs. 

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