Angela Merkel ha detto ieri che nel corso della sua vita non ci sarà nessuna condivisione del debito in Europa. Il che significa che una tra la cancelliera e la moneta unica avrà vita breve”. La battuta, pronunciata oggi in forma semi riservata da un analista di Morgan Stanley (comunque ottimista sulla sopravvivenza dell’euro), la dice lunga sul significato che gli osservatori attribuiscono al vertice che si aprirà ufficialmente domani pomeriggio. Per molti, se non per tutti, si tratta del vertice più importante della decennale storia dell’euro, l’ultima occasione utile per raggiungere un accordo, il punto di arrivo della disperata operazione di soccorso: dieci giorni (a partire dalla scorsa settimana) per salvare dieci anni di storia.

La tensione, ovviamente, resta altissima. Ma di panico, per fortuna, neanche a parlarne. Lo dimostrano i dati delle borse che reagiscono bene al contesto odierno pur di fronte ai risultati delle ultime aste italiane e spagnole che, al contrario, risentono dell’aumento della percezione del rischio sovrano presso i mercati. Oggi il Tesoro ha collocato 9 miliardi di Bot semestrali ad un tasso vicino al 3% (domanda in leggero aumento ma rendimento in forte crescita rispetto al 2,1 dell’asta precedente). Ieri la Spagna aveva immesso sul mercato titoli a breve termine con interessi triplicati rispetto all’ultimo collocamento. Nonostante questo, però, la borsa di Milano ha chiuso oggi con un rimbalzo registrando un +2,58% in linea con il positivo risultato di Madrid (+2,28%). In rialzo anche Parigi (+1,42%) e Francoforte (+1,28). Stabili gli spread rispetto al bund tedesco (461 per l’Italia, 531 punti base per la Spagna).

Dal punto di vista dei mercati, dunque, l’ipotesi più probabile è che a Bruxelles tiri aria di compromesso. Niente eurobond, ovviamente, ma sì a un impegno parziale delle risorse del fondo Esm nell’acquisto di titoli di Stato periferici. La Merkel non gradisce più di tanto ma in definitiva potrebbe considerare l’eventualità giudicandola il male minore. Ieri sono circolate voci su un’apertura in merito da parte del ministro delle finanze di Berlino Wolfgang Schaeuble che oggi ha definito i tassi di interesse praticati sui titoli tedeschi come eccessivamente bassi ed “espressione di paura da parte dei mercati piuttosto che di stabilità”.

Non si riferiva però alla Germania il primo ministro finlandese Jyrki Katainen quando nelle ultime settimane, ha ricordato oggi la Reuters, aveva sostenuto che “troppi Paesi” avrebbero ricevuto “troppi prestiti a costi troppo bassi e per troppo tempo”. “Non vogliamo istituzionalizzare tutto questo – aveva aggiunto – senza essere certi che tutti seguano le regole, cosa che prima non è avvenuta”. Se Katainen non ha cambiato idea (ed è difficile che la scoperta delle 70 mila nuove assunzioni dell’apparato amministrativo greco lo abbiano indotto a farlo), è probabile che la Finlandia continuerà a dare battaglia. Contribuendo così a fare accrescere la tensione nel vertice di giovedì e venerdì. Insomma, una soluzione potrebbe essere trovata ma uno scontro generale è più che probabile.

Segnali evidenti, in questo senso, vengono oggi dal premier ceco Petr Neca che ha spiegato che il suo Paese non intende accettare alcuna proposta di integrazione, a cominciare dall’unione bancaria, che possa avere un impatto negativo sull’economia nazionale. Praga si è già sfilata una volta, a fine gennaio, in occasione del fiscal compact trovando allora il sostegno della Gran Bretagna. Angela Merkel ha fatto sapere di essere pronta a promuovere l’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie, ipotesi fortemente sostenuta dalla Francia e totalmente rifiutata da Londra. Un altro motivo di tensione per un vertice che, prima ancora di iniziare, sembra già una battaglia su più fronti.

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