Era nata con le migliori intenzioni e non si può certo dire che non abbia fatto e tentato di tutto. Ora, a distanza di 4 anni, l’associazione fondata a Bologna che doveva spingere il Partito democratico a sostenere i diritti dei gay chiude i battenti. Si chiama, o meglio si chiamava Democratici per pari Diritti e Dignità di lesbiche, gay, bisessuali e trans. In breve “3D”, un numero e una lettera su una bandiera arcobaleno, una soluzione grafica che richiamava subito alla mente il simbolo dei democratici.

L’obiettivo era ambizioso: da statuto l’associazione avrebbe dovuto operare “per favorire un confronto sui pari diritti e la pari dignità delle persone lesbiche, gay, bisessuali e trans nel Partito Democratico e nella società e affinché il PD sia portatore di queste istanze all’interno dei diversi livelli istituzionali”. E’ così è stato. Per anni i membri di 3D hanno incontrato e si sono appellati ai leader dei democratici, Bersani compreso, organizzato confronti tra candidati, dibattiti e iniziative di ogni tipo.

Tre giorni fa l’annuncio della chiusura. “L’Associazione si scioglie, prendendo atto del proprio fallimento – recita un lungo comunicato sul sito di 3D – Lo facciamo mentre a Roma si intensificano gli episodi di violenza omofoba e mentre il PD, dopo mesi di inutile discussione, riesce solo a partorire un documento (quello su “Pluralismo, libertà di cura, unioni civili” licenziato dalla cosiddetta Commissione “Diritti”) retrogrado e oscurantista, più arretrato rispetto alle stesse conclusioni alle quali è già giunta la giurisprudenza (che andrebbe sempre rispettata e che un partito di sinistra dovrebbe anche avere l’ambizione di fare evolvere)”.

Parole pesanti per un’associazione che era partita col piede giusto, firmando una serie di accordi di collaborazione con i democratici bolognesi. Niente da fare, fuori da Bologna e dalla rossa Emilia-Romagna non c’è stato ascolto e gli iscritti all’associazione si sono pian piano allontanati per la delusione. “Chiedevamo ascolto e confronto su questi temi – continua il comunicato di 3D – abbiamo trovato un Partito che non ci ha riconosciuto e ha sprecato mesi in una discussione interna che ha, alla fine, partorito una posizione che sarebbe inaccettabile in Europa anche per molti partiti conservatori. Il tempo passa, l’Italia è sempre più arretrata e le violenze si moltiplicano: l’omofobia si sconfiggerà solo quando sapremo affermare la piena parità di diritti e dignità di tutti e tutte”.

Il comunicato non risparmia certo critiche nei confronti di quella parte dell’ala cattolica dei democratici colpevole di bloccare tutto il partito su posizioni conservatrici. Una politica “di cui ci vergogniamo. Una vergogna profonda e amarissima”. “Brutto segnale”, commenta un tesserato Pd su facebook, “La fine di 3D è una pagina buia nella storia di questo partito sul piano dei diritti civili – spiega Sergio Lo Giudice, capogruppo Pd in Consiglio comunale a Bologna e membro del direttivo dell’associazione – Abbiamo deciso di farla finita dopo la pubblicazione del documento della Commissione Diritti del Pd, ma la verità è che ormai a livello nazionale le relazioni con i dirigenti erano diventate faticosissime. Una grande occasione persa”.  “Non siete voi che avete fallito ma un Pd che non si decide a prendere posizione”, commenta invece su facebook la presidente di Agedo Bologna, Flavia Madaschi, rivolgendosi al direttivo di 3D.

Un epilogo che forse era nell’aria. Durante il gay pride bolognese il presidente di Arcigay Italia, Paolo Patanè, al microfono della locale Radio Città del Capo, aveva attaccato duramente le posizioni del centro sinistra sui diritti lgbt. “Non si immaginino di presentare programmi di apertura alla comunità lgbt e poi una volta eletti non fare nulla. Non avranno il nostro voto. A questo giro ci saranno conseguenze”. Dietro di lui uno striscione amaro e ironico: “Fate pure con comodo”.

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