ADRIA wwfLa sentenza del Consiglio di Stato sblocca la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) per la riconversione a carbone della centrale termoelettrica di Porto Tolle, in provincia di Rovigo; il Governo sdogana quella per la costruzione di una nuova centrale a carbone a Saline Joniche, sulle coste di Reggio Calabria e, dulcis in fundo, il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, in un’intervista sul Corriere della Sera di oggi, mostra un segnale inequivocabile di cedimento alle pressioni dei petrolieri sulle trivellazioni per far ridurre il limite di 12 miglia dalle aree marine protette. E’ questa l’escalation di eventi che, in meno di 24 ore, ha fatto apparire il futuro energetico – e climatico – dell’Italia più nero che mai, mostrando all’orizzonte uno scenario costellato da centrali a carbone e trivelle.

Il tutto in netta contraddizione con quanto si sta discutendo in queste ore al Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile “RIO+20”, in corso a Rio de Janeiro fino a domani 22 giugno, e al percorso intrapreso dal Ministero dell’Ambiente in Italia con presentazione lo scorso aprile del Piano di Riduzione delle Emissioni di Anidride Carbonica e degli altri Gas Serra, che avrebbe dovuto impegnare il Governo a predisporre misure volte a una progressiva de carbonizzazione (auspicabilmente coerente con la Roadmap europea).

Eppure in altre sedi Governo e Ministero dell’Ambiente si erano espressi a favore dello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio e alla definizione di una Strategia energetica nazionale in grado di indirizzare il nostro Paese verso un’economia a basso impatto ambientale. La delusione è aggravata dal fatto che proprio in questi giorni in Brasile si sta cercando di definire un futuro sostenibile per il nostro pianeta. È questo il contributo dell’Italia? Che credibilità internazionale potremo avere al tavolo delle trattative?

Un primo passo sarebbe proprio quello di dire “No al carbone, Sì al futuro”, firmando la petizione contro le centrali a carbone sul sito della campagna WWF Italia e fare pressione affinché anche l’attuale quota del 12% di carbone nel mix energetico nazionale sia eliminata, puntando su energie rinnovabili ed efficienza energetica. Sul fronte trivellazioni, l’Italia continua ad essere un vero e proprio far west, attirando le compagnie petrolifere per il costo bassissimo con cui consente loro di trivellare (non di certo per essere dotata di immensi giacimenti petroliferi!) e deturpare il proprio patrimonio naturalistico. Per chi volesse saperne qualcosa in più, basta consultare il dossier 2012 intitolato “Milioni di regali – Italia: Far west delle trivelle” in cui il si evidenzia come in Italia nel 2010 su 136 concessioni di coltivazione in terra di idrocarburi liquidi e gassosi attive, solo 21 hanno pagato le royalties alle amministrazioni pubbliche italiane, mentre sulle 70 coltivazioni a mare, hanno saldato il conto solo 28. Su 59 società che nel 2010 operano in Italia solo 5 pagano le royalties (ENI, Shell, Edison, Gas Plus Italiana ed ENI/Mediterranea idrocarburi). Ma questo era solo un assaggio…

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