Il tribunale di sorveglianza di Roma ha revocato il carcere duro al boss Antonino Troia, capomafia di Capaci, condannato con sentenza definitiva all’ergastolo per la strage, avvenuta proprio nel “suo” territorio, in cui furono assassinati il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta. Alla base della decisione, la valutazione dei giudici secondo la quale il boss, detenuto, dal 1993, sarebbe ormai fuori dai giochi mafiosi.

Il Tribunale ha accolto un ricorso dei difensori del boss, che all’epoca dell’attentato era il capomafia di Capaci e in questa veste avrebbe custodito l’esplosivo usato per assassinare il magistrato e fornito appoggio logistico ai sicari. Troia, 62 anni, è stato condannato all’ergastolo in quanto componente della commissione provinciale di Cosa Nostra che decretò la strage.

Il boss dunque ebbe un ruolo sia deliberativo che esecutivo nella strage del 23 maggio 1992. Troia era in carcere dal 1993 e deve scontare, oltre all’ergastolo per l’eccidio di Capaci, quattro condanne al carcere a vita per altrettanti omicidi. La Direzione nazionale antimafia aveva dato parere negativo alla revoca del decreto di 41 bis rinnovato dal ministro della Giustizia nel novembre scorso.

Dall’esame del carteggio alla base del decreto ministeriale di rinnovo del 41 bis per Troia, secondo i giudici romani “non emerge alcun inidizio di attuale sussistenza dell’interesse dell’organizzazione a intessere indebiti collegamenti” con il boss detenuto. I magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Roma scrivono ancora che tutti gli atti del procedimento “si limitano a ripercorrere le vicende giudiziarie del condannato (ancorate a reati commessi fino al 1992) e a segnalare diverse operazioni di polizia che riguardano esponenti della famiglia mafiosa di Capaci che non risultano collegati a Troia”. Nella sostanza, secondo i giudici, la sua posizione viene valutata sulla base di circostanze risalenti al 1992. La richiesta di proroga del carecere duro, di conseguenza appare ”priva di adeguata motivazione”.

I legali di Troia avevano già chiesto la revoca del 41 bis al Tribunale di Sorveglianza di Bologna che aveva respinto l’istanza con una decisione poi confermata il 9 agosto del 2006 dalla Corte di Cassazione. 

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