E se va anche Giuseppe Narducci. Raggiunge l’ex presidente della municipalizzata dei rifiuti Raphael Rossi e l’ex presidente del Forum delle Culture Roberto Vecchioni nella stanza degli ‘autoepurati’ della Rivoluzione arancione di Napoli. L’ormai ex assessore alla Sicurezza si è dimesso stamane con una lettera al sindaco Luigi de Magistris. Portando alle estreme conseguenze un conflitto in corso da tempo. L’ex pm di Calciopoli non parlava con l’ex pm di Why Not da più di due settimane, galeotta un’intervista del sindaco in cui accennava alla scelta di Narducci di entrare in giunta come una conseguenza dei “suoi problemi in magistratura”. Un passaggio che ha fatto andare su tutte le furie Narducci (“non sono io ad aver avuto problemi con la magistratura, caso mai qualcun altro…), rendendo irrimediabili tensioni e problemi emersi in altre vicende squisitamente amministrative. Tensioni che il sindaco è destinato a rinfocolare con la nota di commento alle dimmissioni: “Narducci doveva realizzare una struttura efficace contro la corruzione e il malaffare, ma non ha portato nessun risultato in tal senso”. Insomma, l’assessore avrebbe fallito proprio nel compito che gli era stato affidato, la legalità.

Per farla breve: tra de Magistris e Narducci nel tempo si è scavato un solco per le continue azioni di ‘veto’ esercitate da Narducci su alcune delle questioni più scabrose del primo anno di amministrazione. Dall’ostilità verso l’assunzione, poi non perfezionata, di 23 dipendenti in Asìa (tra le cause non dette delle dimissioni di Rossi) alle perplessità su un’altra infornata, l’internalizzazione di centinaia di dipendenti ex Lavajet, subappaltatrice dell’igiene urbana. Fino alle due vicende più recenti, e delicate. La prima è l’asse Narducci-Realfonzo sul bilancio, che ha costretto la giunta ad approvare una delibera accompagnata da un documento di richiamo della Corte dei conti sul calcolo dei “resuidi attivi”, palesemente non esigibili. La seconda è relativa al carteggio dell’amministrazione con l’imprenditore immobiliare Alfredo Romeo, che è riuscito ad ottenere la transazione per i crediti maturati con il Comune e vuole portare avanti la riqualificazione dell’area dell’Antica Dogana, dove sorge il suo lussuoso albergo a cinque stelle. Non è un mistero che Narducci fosse tra i contrari a intavolare trattative con l’imprenditore finito nel mirino di un’importante inchiesta della Procura di Napoli sui presunti rapporti inquinati tra l’impresa Romeo e la vecchia giunta guidata da Rosa Russo Iervolino.

E’ stata bollata da molti come ‘inchiesta flop’, perché in primo grado sono stati tutti assolti (Romeo è stato condannato per corruzione, ma solo per un singolo episodio di assunzione). Ma tenendo bene in mente che i rilievi penali sono una cosa, e i giudizi politici e amministrativi un’altra, forse le perplessità di Narducci nascono anche dalle considerazioni mosse dall’ordinanza con cui il 29 gennaio 2009 il Tribunale del Riesame di Napoli confermò la misura cautelare nei confronti di Romeo e degli altri indagati, definiti “sodalizio criminale capace di penetrare in modo trasversale tra le forze politiche con l’ obiettivo di ottenere il più ampio reticolo di collusioni per poter piegare l’ interesse pubblico a quello delle sue imprese: il profitto in luogo del bene di tutti”. Ed ancora: “Più che un consulente del Comune di Napoli, Romeo è divenuto (…) il dominus dell’ amministrazione e forse questo induce a confondere, sul piano giuridico, il “governatore” di fatto di un pezzo dell’ istituzione comunale con una sorta di super-consulente”. Il nome del magistrato che scrisse l’ordinanza? Luigi de Magistris. Era stato da pochi mesi trasferito d’ufficio a Napoli dopo aver fatto il pm a Catanzaro.

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