Imprenditore del calcestruzzo, presidente di una squadra di calcio di serie B, la Nocerina, appena retrocessa in Lega Pro, e secondo la Procura di Salerno capo di un ‘cartello’ di imprese che per anni avrebbe sistematicamente truccato e spartito al proprio interno circa 130 appalti dell’amministrazione provinciale di Salerno, all’epoca guidata dal centrosinistra. Tra i 15 arrestati dell’inchiesta dei carabinieri dei Ros e della Dda di Salerno guidata da Franco Roberti il nome di spicco è certamente il suo, quello di Giovanni Citarella, solide amicizie nelle istituzioni e nella politica e affari ramificati in ogni parte d’Italia (la sua persona venne citata in alcune intercettazioni telefoniche riguardanti le indagini sulla ‘cricca’ e sui mondiali di nuoto a Roma). E’ stato ammanettato all’uscita di una trasmissione televisiva e condotto in carcere a Fuorni.

Ventidue anni fa la camorra gli uccise il padre, Gennaro detto ‘Gino’, ritenuto un affiliato alla Nuova Famiglia di Carmine Alfieri, gli avversari di Raffaele Cutolo, con il ruolo di collettore di tangenti da girare al clan. Le accuse di collusioni con ambienti poco raccomandabili hanno inseguito a lungo anche il figlio. In un passato non lontano Giovanni Citarella è stato arrestato per associazione per delinquere e poi assolto. Ma per un’altra vicenda è stato condannato a sei anni con sentenza definitiva: ha fornito la ‘base’ logistica per un attentato a Carmine Prete, un giovane pregiudicato. Un curriculum non proprio limpidissimo, che però non gli ha impedito di coltivare relazioni con i politici che contano. A cominciare da quella con il presidente Pdl della Provincia di Salerno, l’ufficiale dei carabinieri in aspettativa Edmondo Cirielli, che dà il nome alla legge (da lui ripudiata) sulla riduzione dei termini di prescrizione per gli incensurati. “Sono amico d’infanzia di Giovanni Citarella, lo stimo e lo chiamo ogni 15 giorni per fatti privati. Ma querelo chi mette il mio nome in collegamento con lui e le inchieste che lo riguardano” dichiarò Cirielli in un’intervista a Fulvio Scarlata de ‘Il Mattino’ del 4 agosto 2009, dopo che alcuni quotidiani pubblicarono stralci di alcune telefonate tra i due, inserite in un rapporto dei carabinieri allegato a un’inchiesta della Procura di Potenza su Citarella. Nulla di penalmente rilevante, peraltro, e Cirielli non era indagato. Attenzione alle date.

Il ‘cartello’ di imprese guidato da Citarella e dal cugino Gennaro, capace di spartirsi a tavolino gli appalti concordando in anticipo i ribassi delle gare d’asta, avrebbe agito dal 2002 al 2008. Cirielli è diventato presidente della Provincia nella primavera del 2009, e quindi non c’entra niente con i fatti oggetto dell’inchiesta, che però tocca alcuni funzionari dell’ente provinciale, complici del sistema e finiti anch’essi in carcere. L’organizzazione capeggiata dai Citarella poteva contare su un numero impressionante di aziende ‘satellite’ e ha collezionato numeri da record, lievitati nel tempo come una torta in un forno, passando dalle iniziali 64 società, che nell’anno 2005 avevano partecipato a 45 gare bandite dalla Provincia di Salerno (aggiudicandosene 35), alle 156 dell’anno successivo, fino a raggiungere, nel biennio 2007-2008, una stabile configurazione, caratterizzata dalla presenza di 7 capicordata: oltre ai Citarella, Giuseppe Ruggiero, Luigi Di Sarli, Federico Spinelli, Giovanni Botta ed Emanuele Zangari, e da da oltre 250 società che, solo nell’anno 2007, avevano preso parte a 38 gare, bandite con procedura semplificata (licitazione privata), aggiudicandosene 25, nonché a numerosissime altre gare bandite con diversa procedura (somma urgenza e/o ad evidenza pubblica), aggiudicandosene la maggior parte. Le imprese si mettevano d’accorso e determinavano la percentuale di ribasso “vincente”, che talvolta sfiorava anche il 40% della base d’asta. Cifra che veniva recuperata con l’impiego di materiali scadenti, che in sede di collaudo venivano ritenuti idonei dai tecnici compiacenti, ovvero attraverso la mancata realizzazione anche di intere porzioni di lavoro.

Gli appalti così venivano truccati grazie alla compiacenza di alcuni funzionari pubblici corrotti. Due di loro, Raffaele Orefice, e Franco Pio De Luca, sono finiti in manette e hanno subìto un provvedimento di sequestro preventivo di denaro e titoli di credito per circa 120.000 euro. Tra gli indagati ci sono anche imprenditori con ruoli politici, come i due consiglieri comunali di un paese dell’agro nocerino. Uno dei quali si dimise con l’avanzare dell’inchiesta e delle perquisizioni, una avvenuta il 16 maggio 2008, l’altra il 27 febbraio 2009, che riguardano le sedi di alcune società coinvolte nel sistema e tre tecnici della Provincia di Salerno.

Le tre informative dei Ros trasmesse alla Dda hanno relazionato su oltre 170 gare d’appalto nel periodo 2001-2008. Il sodalizio criminoso sarebbe riuscito ad esercitare un’indebita ingerenza su oltre 130 lavori pubblici. L’inchiesta riguarda oltre 300 indagati, responsabili di 302 società. La Procura aveva chiesto a novembre 52 arresti. Il Gip Gaetano Sgroia, firmando un provvedimento di circa 580 pagine, ne ha concessi ‘solo’ 15, ritenendo attenuate le esigenze cautelari per il decorrere del tempo. “Un sistema colossale di controllo degli appalti“, dice il procuratore di Salerno Franco Roberti. “Una fase successiva dell’indagine – spiega il magistrato – portera’ sicuramente alla verifica dei lavori eseguiti, perche’ in alcuni casi gli appalti irregolari non hanno avuto neppure una fase esecutiva”. I controlli, pero’, avverranno a campione. “Non possiamo verificare – precisa Roberti – tutte le gare oggetto dell’indagine. Non abbiamo i mezzi per farlo. Quando, come magistrati e forze di polizia chiediamo piu’ mezzi, ci riferiamo appunto a questo, a indagini che non possono essere condotte fino in fondo”. 

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