Saranno i cittadini stessi a scegliere di quale Paese fare parte. Il governo locale delle isole Falkland, Malvinas per gli argentini, ha indetto un referendum per mettere fine, “una volte per tutte”, alla disputa territoriale che oppone Londra a Buenos Aires. La consultazione sullo status politico delle isole si terrà nelle prima metà del 2013 e sarà seguita da osservatori internazionali per garantirne la regolarità. L’annuncio è stato dato da Gavin Short, presidente del parlamento locale, schierato su posizioni filobritanniche, alla vigilia del trentesimo anniversario, il 14 giugno, della fine del conflitto tra i due Paesi durato settantaquattro giorni e scatenato dallo sbarco sulle isole contese delle truppe argentine inviate dall’allora presidente Leopoldo Galtieri.

“Il referendum non è stato indetto per levarci il dubbio su chi siamo veramente e su quale futuro vogliamo, ma per dimostrare le nostre certezze”, ha spiegato Short in un comunicato, “non abbiamo nessuna voglia di farci governare da Buenos Aires. Questa mi sembra una cosa palese per tutti quelli che hanno visitato le Falkland hanno avuto modo di starci ad ascoltare”. Parole pronunciate con a fianco il sottosegretario agli Esteri britannico, Jeremy Browne, in vista nel capoluogo Port Stanley (che gli argentini chiamano Puerto Argentino) per celebrare l’anniversario della fine della guerra che fece 255 morti tra i soldati britannici e 649 tra le truppe argentine.

La scelta referendaria ricalca quanto successe nel 2002 e il voto con cui gli abitanti di Gibilterra rifiutarono la cittadinanza spagnola. La consultazione ha ricevuto il pieno sostegno di Londra. “Rispetteremo e difenderemo la scelta degli abitanti delle Falkland”, ha detto il primo ministro britannico David Cameron che esorta le Nazioni Unite ad accettare l’eventuale risultato. “Ho sempre detto che sta al popolo decidere se vogliono restare britannici o meno e che il mondo dovrebbe ascoltare le loro opinioni. Ecco perché le forze britanniche hanno coraggiosamente liberato l’arcipelago dagli invasori argentini”, ha aggiunto.

Dal canto suo l’Argentina sostiene inapplicabile il diritto all’autodeterminazione per gli isolani (3.000 abitanti in tutto di cui la maggioranza di origine britannica), perché discendenti non delle popolazioni native delle isole, ma impiantati in epoche successive. Le Falkland-Malvinas furono da prima scoperte dalle popolazioni delle Patagonia. Tra il XVII e Il XIX furono colonie spagnole, francesi e britanniche e poi ancora spagnole finché nel 1820 il governo argentino non ne prese il controllo. Dal 1833, con la cacciata degli argentini sono state sempre dominio d’oltremare britannico, ma comunque al centro delle dispute territoriali tra i due Paesi, culminate con il conflitto del 1982. L’invasione fu la carta giocata da Galtieri per distogliere l’attenzione della crisi economica in cui versava il Paese e dalla crescente ostilità verso la giunta militare al potere alla cui caduta contribuì la sconfitta subita la rapida risposta militare del governo guidato da Margaret Thatcher.

La questione sulla sovranità delle isole è tornata d’attualità nel trentesimo anniversario del conflitto e in coincidenza con i Giochi olimpici organizzati quest’anno da Londra. Domani il capo di Stato argentino, Cristina Fernandez de Kirchner sarà a New York, davanti al Comitato di decolonizzazione dell’ONU, per chiedere l’apertura di negoziati con Londra riguardo la sovranità sulle isole, giudicando incomprensibile il persistere di domini coloniali nel XXI secolo. Un braccio di ferro con risvolti anche economici attorno ai ricchi giacimenti petroliferi scoperti lo scorso settembre al largo dell’arcipelago. Il governo argentino ha infatti dichiarato “illegali e clandestine” le ricerche petrolifere effettuate da cinque compagnie britanniche nella piattaforma continentale attorno all’arcipelago e avviato azioni civili e penali. Un decisione dispotica, ha denunciato Browne che accusa Buenos Aires di voler impedire lo sviluppo economico delle isole.

di Andrea Pira

 

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