Il generale Claudio Graziano, capo di Stato maggiore dell’Esercito, già capo di gabinetto del ministro La Russa, promosso dallo stesso La Russa all’attuale incarico scavalcando una ventina di altri generali, ha scritto una lettera ai soldati sul tema dell’identità militare. Nelle intenzioni del generale avrebbe dovuto essere un richiamo a valori e comportamenti condivisi. Ma si sta rivelando un faux pas, una specie di ied (le trappole esplosive tanto temute in Iraq e Afghanistan) che rischia di deflagrare.

Nella lettera, che si può leggere su maresciali.it e su vari altri siti del personale, Graziano parte da una premessa alta ma scivola quasi subito per colpa di quei mali oscuri dei militari che sono il formalismo e la retorica. Propone un codice morale che poi riduce strada facendo a “tratto, comportamento, assetto formale, cura della persona e dell’uniforme”. Inizia con una sorta di appello a condividere valori e principi ma poi ritorna il vecchio vizio dell’autoritarismo: “non tollererò ulteriormente alcuna mancanza o inflessione”.

Un’uscita, quella del generale, che arriva proprio mentre la Difesa, retta un ministro-ammiraglio come ai tempi di Thaon de Revel, è impegnata in un piano di tagli che anziché incidere sulla spesa per le armi e su infrastrutture pletoriche pensa di tagliare 30 mila militari e 10 mila dipendenti civili. Causando naturalmente ansia e preoccupazione tra i duecentomila della Difesa.

In questo contesto, sentire richiami alla “cura della persona e dell’uniforme” dà il senso di una distanza della “casta” militare dai problemi reali. Come dimostrano altri passaggi della lettera, come quello sui “comportamenti negativi che denotano un inequivocabile ed intollerabile allentamento di quella tensione morale” o dove chiede ai militari “ferma determinazione e giovanile entusiasmo” (ma questa frase non l’abbiamo già sentita da qualche parte?), e che hanno giustamente fatto arrabbiare non poco i gradi più bassi.

“Suole bucate, anfibi lucidi” scrive in un articoli apparso sul web un maresciallo, delegato del Cocer dell’Esercito. E altre decine di suoi colleghi in commenti pubblicati su diversi siti usano espressioni al limite del codice penale. “Io so io e voi non siete un cazzo” diceva Albertone ma andatevi a nascondere” è uno dei pochi pubblicabili. E un certo Alfredo a proposito di un passaggio sui militari che guidano in stato di ebbrezza o fanno debiti: “se anche io avessi l’autista e 10.000 euro al mese non avrei il bisogno di fare un finanziamento e paura di bere un bicchiere di troppo a cena. Ma dove vivono questi signori su Marte?”.

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