Da tempo si parla di una riforma delle polizze sui disastri naturali, con annessa introduzione di una copertura assicurativa dei fabbricati. Per superare l’attuale sistema assistenzialista, con risarcimenti solo dello Stato, pressoché illimitati e finanziati da una tassazione straordinaria. Ma non è il decreto varato appena prima del terremoto in Emilia a risolvere la questione. Prevede polizze volontarie, assai poco diffuse in Italia. E non coinvolge le compagnie di assicurazione, che avrebbero competenze specifiche nella previsione del rischio e valutazione dei danni. 

di Donatella Porrini* (Fonte: lavoce.info)

Dopo l’accadimento di disastri naturali, siamo oramai abituati a osservare un improvviso impegno da parte del governo a riformare il sistema dei risarcimenti e a riorganizzare l’applicazione di strumenti di prevenzione. (1)
Questa volta, invece, l’intervento legislativo ha di poco preceduto il recente terremoto dell’Emilia Romagna: il riferimento è al decreto legge 15 maggio 2012, n. 59 “Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile”. Nel testo è contenuta una parte relativa alle assicurazioni a copertura delle calamità naturali (articoli 2 e 3).

L’ultimo decreto

Da anni si attende una riforma del sistema delle polizze sui disastri naturali e si è sviluppato un ampio dibattito circa l’introduzione di una copertura assicurativa dei fabbricati, una sorta di Rc-casa. Seguendo uno dei diversi modelli applicati in altri paesi, ci sarebbe la possibilità di ottenere risarcimenti dal settore privato e di sfruttare l’expertise delle compagnie quanto a previsione del rischio e valutazione dei danni.
In particolare, nel nostro paese attraverso le assicurazioni si potrebbe superare l’impronta assistenzialista del sistema vigente, caratterizzato da risarcimenti esclusivamente da parte dello stato, pressoché illimitati e finanziati, praticamente sempre, da una tassazione straordinaria.
Sarebbe giunto il momento di affrontare il tema, ma chi si aspettava un intervento risolutorio con questo decreto è rimasto deluso poiché non sono stati trattati alcuni punti cruciali. Vediamo quali.
Innanzitutto è ignorato il problema della scarsa penetrazione delle polizze poiché viene previsto che le “coperture assicurative su base volontaria contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali” vengano introdotte attraverso l’estensione “delle polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati”. Ma il punto è proprio questo: le polizze di questo tipo sono poco diffuse e scarsi sono gli incentivi ad assicurarsi, anche per l’effetto del cosiddetto “charity hazard” che deriva proprio dall’aspettativa di un totale rimborso pubblico.
Suscita poi non poche perplessità la previsione nel secondo comma secondo cui la “estensione della copertura assicurativa del rischio calamità naturali” porti alla “esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati”.

Un percorso possibile

Per arrivare a un sistema assicurativo di risarcimenti dei danni che sostituisca il ruolo dello Stato, le compagnie dovrebbero agire in un mercato di dimensioni tali da consentire la gestione in “pool”, il ricorso alla riassicurazione e un’eventuale partecipazione pubblica. Per arrivare a questi risultati la polizza deve essere molto, molto diffusa nel paese. Buoni risultati sono stati raggiunti in Spagna e in Francia, dove è stata prevista l’obbligatorietà, ovviamente con un sistema di sgravi ed esenzioni.
In Italia un sistema di assicurazione obbligatorio susciterebbe molte critiche, prima fra tutte quella che vede il premio come un’ulteriore “tassa” a carico dei proprietari di abitazioni. In verità, l’esperienza degli altri paesi indica che le polizze possono essere commisurate alla rischiosità e alle precauzioni adottate. In questo modo, le compagnie svolgerebbero anche una funzione ex ante, di incentivazione a comportamenti preventivi e di monitoraggio.
L’introduzione di tale sistema presuppone poi un ampio coinvolgimento del settore assicurativo che sembra del tutto ignorato nel decreto, che all’articolo 3 prevede che sia la Protezione civile ad effettuare una valutazione degli effetti derivanti dall’introduzione del regime assicurativo (mappatura del territorio per grado di rischio, stima dei soggetti interessati, simulazione dei premi, suddivisi per tipologia di copertura assicurativa). Ma in previsione di un sistema nel quale funzioni un’assicurazione “privata” sulle calamità naturali, così come per la Rc-auto, si dovrebbe lasciare svolgere questi compiti alle compagnie, che per di più si possono avvalere di competenze specifiche, specie se già operanti in altri paesi europei.
Speriamo che questo governo, vista l’ulteriore pressione del dramma che sta ancora vivendo l’Emilia, non si lasci sfuggire l’occasione. Un sistema di assicurazione, così come spiegato e già applicato in altri paesi, costituirebbe una modalità attraverso la quale coinvolgere in modo attivo il settore privato assicurativo e garantirebbe risarcimenti sicuri e in tempi brevi alle vittime dei disastri, siano essi individui o imprese, pubbliche o private.

(1) È avvenuto anche dopo il terremoto dell’Abruzzo: vedi “Come assicurarsi dalle calamità naturali” di Donatella Porrini, lavoce.info 21.04.2009.

*Professore Associato di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Lecce. Ha inoltre incarichi di insegnamento presso l’Università Carlo Cattaneo – LIUC di Castellanza e presso l’Università dell’Insubria – Como. Svolge ricerca nell’ambito dell’analisi economica del diritto, in particolare sui sistemi di regolazione in campo ambientale, e sui mercati assicurativo e bancario.

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