Se n’è andato Ray Bradbury, novantuno anni portati con stile, e ci lascia in eredità la distopia più allucinante del XX secolo, quella di un mondo senza libri. Anzi, di un mondo dove i libri sono messi al rogo, come nei raduni nazisti del 1933. Fahrenheit 451 (o Gli anni della fenice), questo il titolo del suo romanzo più famoso, da cui François Truffaut trasse il film omonimo nel 1966, ci parla di un futuro dove leggere (in quanto premessa indispensabile al “pensare”) è reato e i resistenti sono costretti ad imparare a memoria il testo dei romanzi per conservarne la memoria.

Una resistenza passiva, non-violenta, che la dice lunga sul nostro mondo travagliato. Fahrenheit 451, dalla temperatura a cui brucia la carta, è un capolavoro della distopia, quel particolare genere narrativo che racconta di un futuro infelice in cui gli incubi del presente diventano realtà. Il contrario di utopia, e quindi un’utopia alla rovescia, sulla scia di altri grandi autori che l’hanno preceduto, come Aldous Huxley e George Orwell.

Ancor più attuale, in tempi in cui il libro è minacciato non dal fuoco, ma dalle più subdole, e non meno stravolgenti, tecnologie digitali.

(Foto: Lapresse)

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