Circa mille famiglie residenti a Villalba di Guidonia e Tivoli Terme, due frazioni alle porte di Roma, hanno rischiato di veder sprofondare lentamente la loro casa. Altre migliaia di famiglie rischiano altrettanto: il fenomeno non sembra né circoscritto né tantomeno risolto. Si chiama subsidenza: è un lento e progressivo abbassamento verticale di un’area continentale che può essere naturale o indotta.

Per il caso di Villalba e Tivoli le presunte cause principali sono le cave di travertino e le Terme di Roma, gestite da Acque Albule Spa. Le cave perché, estraendo travertino, vengono sollecitate dinamiche di pompaggio dell’acqua presente nel terreno. Le terme perché, per il rifornimento delle piscine, vengono aspirati dai 500 agli 800 litri al secondo di acqua sulfurea. Ad oggi sono stati spesi circa 60 milioni di euro per la messa in sicurezza degli immobili, ma tra lavori fatti male, ritardi e contributi che non arrivano, la popolazione esasperata è sul piede di guerra (l’immagine si riferisce a un’inchiesta di RaiNews24 del 2008, “Vite crepate”).

Una vicenda cominciata 10 anni fa e ben lontana dall’essere risolta. Nel 2003 alcune famiglie di Tivoli Terme hanno segnalato al comune di Tivoli delle crepe nelle pareti di casa, diventate in poco tempo dei veri e propri buchi. Inizialmente si è sottovalutato il problema ed il Comune ha addirittura diffidato i cittadini che denunciavano il fatto. L’allora sindaco (e ora assessore ai lavori pubblici della Provincia di Roma) Marco Vincenzi attribuì la colpa solo alle cave di travertino. Vincenzi ha lavorato alle Terme Acque Albule dal 1991 ed è rimasto in carica, in aspettativa, fino al 2007 come direttore sanitario.

“Inizialmente, nel 2006 è intervenuta la protezione civile della Regione Lazio cominciando i lavori di messa in sicurezza su 9 palazzine a Tivoli Terme con circa 500 famiglie interessate, impiegando anni per lavori anche dai risultati discutibili – spiega Salvatore Ravagnoli, presidente del comitato Città Termale – poi il problema si è ripresentato in alcune zone a Villalba. A maggio 2008 in soli 15 giorni gli abitanti dovevano segnalare crepe o quant’altro per richiedere la messa in sicurezza delle loro case”.

I tempi molto ristretti da una parte e un piano iniziale di riqualificazione dell’area oneroso dall’altra: così 105 stabili (cioè circa 250 famiglie) sono rimasti fuori dal piano di messa in sicurezza. In questa seconda tranche di lavori le altre 230 famiglie che ce l’hanno fatta sono state costrette a lasciare la propria abitazione per il periodo necessario alla messa in sicurezza ed è stato stabilito un contributo dalla Regione Lazio per permettere ai cittadini di pagare l’affitto di un immobile sostitutivo.

I soldi però sono arrivati dopo due anni, nell’ottobre del 2011, solo per 25 famiglie ed hanno coperto una parte dell’importo dovuto. Soldi ottenuti, tra l’altro, dopo proteste e manifestazioni dei cittadini esasperati; gli altri stanno ancora aspettando, almeno la prima tranche. “Una situazione inaccettabile, vergognosa, soprattutto in un periodo di crisi economica come quello che stiamo affrontando. Molte famiglie – racconta Ravagnoli – sono rientrate prima del previsto nelle proprie case proprio perché si sono indebitate fino al collo per pagare un affitto in questi anni. Manca il collaudo del dipartimento protezione civile Regione Lazio ma tanti hanno occupato già l’immobile: sono ‘abusivi’ in casa propria!”.

Eppure le disposizioni dell’ex Commissario delegato all’emergenza, Maurizio Pucci, sono molto chiare. Si legge nel documento che l’erogazione dei contributi, sulla base della documentazione, sarà trasmessa con cadenza bimestrale e che “i contributi decorrono a partire dalla data effettiva di inizio lavori”. Invece dopo tre anni ancora niente. Il problema non riguarda solamente le abitazioni private ma anche le attività commerciali sospese. Anche in questo caso era stato disposto di erogare “il contributo relativo alla sospensione della attività sulla base dei redditi prodotti, risultanti dall’ultima dichiarazione annuale dei redditi presentata” ma solo sulla carta.

Anche in questo caso i lavori fatti dalle ditte appaltatrici della Protezione Civile non possono certo definirsi eccellenti. Impianti a gas non a norma, fori nelle terrazze, piatti doccia senza il buco per lo scarico, tubi rotti dopo appena un anno circa dal termine dei lavori, edifici senza micropali nelle fondamenta che servono proprio per appoggiare la casa sullo strato di travertino sotterraneo ed evitare che sprofondi. Addirittura, durante le nevicate dello scorso inverno, un controsoffitto di una casa a lavori appena ultimati è venuto giù e si è sfiorata la tragedia.

Un problema che, se non si verificherà una svolta nella gestione dell’emergenza, potrebbe continuare a mettere in pericolo l’incolumità degli abitanti e condannare alla chiusura le piccole attività commerciali presenti sul territorio. Tutte le relazioni scientifiche fatte in merito al problema subsidenza a Tivoli Terme e Villalba, nelle dichiarazioni conclusive, dicono che bisogna assolutamente intervenire sulle concause del problema subsidenza. Soprattutto regolamentando l’estrazione del travertino ed il pompaggio dell’acqua. L’intero territorio, altrimenti, rischia di sprofondare ancora costingendo così ad interventi di manutenzione saranno pressoché costanti e, di conseguenza, anche ad altre ingenti spese. Nella relazione conclusiva del Ce.Ri. (il Centro di Ricerca previsione, prevenzione e controllo dei rischi geologici) dell’Università La Sapienza si danno alcune indicazioni e si parla di riduzione dei prelievi idrici del 30% da parte delle Terme Acque Albule e della cave di travertino della zona. Nulla di significativo è stato fatto da parte della Regione Lazio e un geologo ha perfino spiegato di non essere riuscito ad entrare nelle cave per monitorare completamente la situazione.

Il fenomeno subsidenza è in forte accelerazione negli ultimi anni, ci sono stati abbassamenti del livello della falda di alcuni metri e il rischio è di dover sistemare nuovi sfollati. Quando ci sono grossi interessi economici in gioco però la politica sembra viaggiare con il freno a mano tirato. L’unica indicazione del Ce.Ri. messa in atto dal Comune di Guidonia è stata un’ordinanza che vieta il prelievo idrico da pozzi privati. Intanto Bartolomeo Terranova, presidente delle Terme Acque Albule Spa ed amico del sindaco Eligio Rubeis (a sua volta consulente di Terranova per alcuni progetti commerciali), continua a pompare centinaia e centinaia di litri d’acqua al secondo per le piscine delle terme.

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