“Sugli esodati abbiamo sbagliato. Tutti sbagliamo. Quando abbiamo fatto la riforma delle pensioni, l’abbiamo fatta in 20 giorni perché il Paese era sull’orlo del baratro finanziario. Questo la gente se l’è già dimenticato. Non abbiamo avuto il lusso della riflessione perché i governi precedenti si erano presi il lusso di gradualismi eccessivi”.

Quanto sopra ha dichiarato giovedì il Ministro del lavoro Elsa Fornero, che ha poi proseguito: “Abbiamo capito che il numero era più alto di quello inizialmente preventivato. Faremo una stima anche se non è così facile a farsi. Sarebbe sempre bene evitare cifre fino a che non si hanno con sicurezza”. E infine: “Non ho mai pensato che i professori non sbagliano mai. Ma per me sarebbe difficile non essere “professorale”, visto che lo sono stata per trent’anni e più”

Meglio tardi che mai, potrebbe dire qualcuno di quelli che dal 4 dicembre sostengono che i 50mila, poi diventati 65mila erano numeri campati per aria; o meglio, erano numeri non risultanti da una simulazione dell’applicazione di regole stabilite sulla base di logiche, principi o buon senso, ma erano stabiliti in modo aprioristico: questi sono i numeri dei salvaguardati e stop. E infatti puntualmente Monti ieri ha controfirmato il decreto Fornero che non solo rinvia al buon cuore di futuri governi la soluzione per minimo 150mila persone, ma qualcuno lo esclude per sempre già da ora, proprio utilizzando le tagliole che sono state messe nel decreto, quali ad esempio i vincoli per i contributori volontari che devono avere versato almeno un contributo accreditabile prima del 4 dicembre 2011; chi non lo ha fatto è fuori per sempre, salvo ovvi ricorsi al TAR.

Il Ministro ammette di avere sbagliato e che sarà necessario rimediare, sperando che i rimedi non siano peggiori dei mali, magari facendo pagare la salvaguardia degli esodati ad altri pensionati o pensionandi; ciò stride con quanto lo stesso Ministro aveva dichiarato meno di un mese fa, inoltre non si vede traccia di un ravvedimento operoso, dato che, come detto, il decreto che il Ministro ha scritto è peggiorativo della legge fatta nel 2011. Insomma, il Ministro ammette di avere sbagliato, ma quanto a correggere, siamo molto lontani; penso che tutti avrebbero preferito l’ostinazione anche stizzita dei mesi precedenti abbinata magari a qualche azione migliorativa concreta, perché così la sensazione di una colossale presa in giro con presunti pentimenti e reiterazione delle vessazioni è fortissima.

Così come, gli stessi individui messi a repentaglio dalla riforma, avrebbero preferito, dai partiti che schiamazzano quotidianamente di “situazione da risolvere assolutamente”, qualche dichiarazione di principio in meno abbinata anche a qualche fiducia in meno data a questo Governo che da una parte comincia a esprimere ammissioni di errori ma dall’altra procede come un rullo compressore a botte di decreti che fanno il contrario del rimediare agli errori.

Veniamo poi alle motivazioni degli errori che potremmo sintetizzare, in base alla dichiarazioni di Fornero, in: approssimazione nella raccolta dei dati e fretta nel dover concludere sotto la pressione del possibile baratro finanziario. Sul primo punto non mi pronuncio, anche se ritengo che le posizioni della quasi totalità degli “esodati” siano note all’Inps, sul secondo, invece, ho delle riserve. La riforma delle pensioni, come anche certificato dalla Ragioneria dello Stato, per la parte relativa alla riforma delle norme di accesso alla pensione, non dà nessun beneficio finanziario nel 2012 e poco anche nel 2013, pertanto sempre se dal baratro siamo arretrati non è certo in ragione di quelle nuove norme che anzi nel 2012 causano un aggravio di 240 milioni di €; a meno che l’arretramento dal baratro non si identifichi nell’allentamento della pressione speculativa sui nostri bonds in ragione di riforme che andranno a regime tra anni. Se questo è, obietto che con un paio di anni di tempo si potevano mettere in cantiere altre riforme alternative e più intelligenti, come del resto proposto da altre forze, politiche e non.
In sintesi, se l’obiettivo era di trovare risorse finanziarie immediate, le stesse non sono state trovate dalla pessima riforma delle pensioni; se invece era di rassicurare il (maledetto) mercato su miglioramenti a venire tra 24 mesi e oltre, si dovevano studiare altre misure, socialmente meno gravose.

Veniamo infine all’“approccio professorale”; Fornero sembra evidenziare quella che si potrebbe chiamare una deviazione professionale: avendo esercitato per trent’anni la professione di professore (scusate il bisticcio) non può che affrontare qualsiasi decisione se non con l’habitus mentale che ha così sviluppato. Probabilmente vero, per lei come per tutti quanti; ma allora saremmo alla constatazione che i governi dei tecnici sono inadatti a governare, particolarmente in tempi di crisi sociale, perché non riescono a guardare la realtà da punti di vista diversi da quelli squisitamente tecnici. Che poi i nostri politici abbiano maturato altre deviazioni professionali o peggio, che anch’esse limitano gravemente la loro capacità di governo, è affare serio e che richiede probabilmente un dibattito approfondito che includa anche la risposta alla domanda del perché si siano tirati pavidamente indietro in un momento nel quale invece il paese richiedeva capacità di leadership, coraggio e assunzione di responsabilità diretta. 

Infine, anche ammettendo che Fornero abbia commesso errori per fretta e dati approssimati, per me l’attenuante non c’è, in quanto l’avere  messo in cantiere una legge epocale in fretta e con dati insufficienti è colpa gravissima; quella che è invocata come un’attenuante si risolve in una aggravante.

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