Non importa se la Cgil ha annunciato che rimarranno fermi almeno 20 mila lavoratori. “Andar via non è la soluzione. Se te ne vai, non rimarrà più niente. Bisogna cercare di ricostruire”. I giovani della bassa modenese non vogliono scappare, vogliono ripartire da qui. A Medolla, uno dei centri più colpiti dal doppio terremoto degli ultimi dieci giorni, un gruppo di ragazzi sulla ventina prova a fare un aperitivo in un bar vicino alla tendopoli. Qualche birra, un bicchiere di vino e poca voglia di parlare.

Ma se gli chiedi del futuro la risposta è solo una: “Noi ci rialziamo in un modo o in un altro”, dice uno dei ragazzi fuori dal locale. La paura è che politica e burocrazia facciano di questa terra un nuovo “caso Irpinia”. Ritorno a casa mai, emigrazione certa. “Di sicuro non stiamo qui a sperare negli aiuti dei politici. Per ora non abbandoniamo, ma se ci costringono a farlo…”.

Un’altra delle ragazze lavora nel bio-medicale, settore trainante da queste parti. “Siamo noi qui che rimettiamo apposto. Io lavoro con gli ospedali, roba da fare non ne manca mai, ma al momento siamo essi male”.

“Ma chi ci rientra nel capannone?”, racconta Matteo. “Io sono molto legato alla mia casa. Ho delle zie a Roma, ma casa tua non ce la fai ad abbandonarla”.

E gli anziani? Sono 99.935 i pensionati e le pensionate residenti nei 25 Comuni più colpiti dal terremoto che dal 20 maggio infierisce sull’Emilia Romagna: 12.000 in provincia di Reggio Emilia, 47.110 a Modena, 23.700 a Ferrara, 17.125 a Bologna. ”Si tratta per lo più di persone anziane che si trovano ad affrontare una prova difficile, fatta di sradicamento dalle proprie case e dalle proprie abitudini, di solitudine, di sofferenza per il destino di figli, nipoti, parenti” commenta Bruno Pizzica a nome della segreteria regionale dello Spi, il sindacato dei pensionati della Cgil.

“Io ho quasi novant’anni e il permesso di dormire a casa. Come si fa ad andare via? bisogna rimanere”, racconta il signor Luciano di Finale Emilia. Gente che qui ha visto la guerra e la lunga e faticosa ricostruzione Eppure l’estate è alle porte, le tende sono sempre più calde. Maria,da domenica scorsa è nelle tende della protezione civile e l’idea di trasferirsi non le passa nemmeno per la testa. “Sono finalese purosangue, mi può saltare una pietra in testa, ma io rimango qui. Qui sono nata e qui voglio morire”.

 

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