Prendono 870 euro al mese netti e ci devono pagare di tasca loro anche l’assicurazione contro i rischi della professione. Alla fine, tolto tutto, sono meno di 700. Non possono svolgere libera professione per arrotondare e, nel caso delle donne, se restano incinte perdono il diritto alla borsa di studio. Meno che mai si possono ammalare più di trenta giorni. Una situazione a dir poco paradossale quella degli aspiranti medici di famiglia italiani, circa 2.400 in tutta la Penisola, che hanno deciso da Nord a Sud di occupare simbolicamente le sedi dell’ordine dei medici, proclamando 100 giorni di lotta con la collaborazione di Fimmg formazione. Chiedono, anzitutto, equità rispetto al trattamento degli specializzandi a cui le cose vanno un po’ meglio e da cui – tra l’altro – hanno ricevuto massima solidarietà per la protesta.

Da qualche anno i medici in formazione specifica di medicina generale laureati dopo il ’92, devono prepararsi con un corso triennale post laurea per diventare i futuri medici di famiglia, ma in condizioni che non esitano a definire “senza tutele”. Mediamente hanno trent’anni, hanno studiato da medici e guadagnano meno di chi lavora al call center. Se i soldi arrivano. Perché in alcune regioni del Meridione possono passare anche undici mesi prima di vedere il dovuto. Come a Messina, dove i futuri medici di famiglia attendono lo stipendio da sette mesi. “La Regione che deve verificare la frequenza mensile ai corsi comunica con ritardo all’Asp 5 i nominativi delle persone a cui spetta l’assegno mensile – ha dichiarato Marcello Savasta, rappresentante dei medici in formazione specifica in medicina generale della città siciliana – L’Asp accumula ulteriore ritardo privilegiando i medici del 118 e i medici di famiglia, che non possono certo interrompere la loro attività. Così noi, che viviamo solo di questo assegno borsistico, veniamo per ultimi”.

E così dal 4 di maggio, con indosso i camici bianchi e nelle mani gli striscioni di protesta, hanno dichiarato uno stato di agitazione, occupando da Nord a Sud tutte le sedi dell’ordine: l’8 maggio è stata la volta di Roma, poi il 17 maggio hanno “preso” Napoli, il 24 maggio Bari e infine il 29 Monza. Qui hanno ricevuto massima solidarietà dal presidente dell’ordine dei medici brianzolo Carlo Maria Teruzzi che ha promesso sostegno alla causa dei giovani medici di medicina generale in formazione. “Poi non chiediamoci perchè i figli restano in casa. Ci si aspetta che voi non facciate figli e non vi manteniate”, ha commentato duro Teruzzi.

“Quello dei medici di famiglia è un servizio importante e capillare sul territorio, si tratta di professionisti sempre disponibili, ma la politica non sembra sensibile a questi problemi – ha poi continuato – Mi auguro venga cambiata la normativa e spero che il presidente nazionale della Federazione dei medici si muova per sensibilizzare in tal senso”. Tra le richieste di Fimmg Formazione c’è equità nel trattamento economico e fiscale della borsa di studio, la tutela della maternità e dalla malattia, la riqualificazione del corso di formazione specifica e la definizione chiara delle attività professionali compatibili. “Dopo questi cento giorni chiuderemo con una grande manifestazione per farci ascoltare dalle istituzioni”, ha chiosato Daria Di Saverio, coordinatrice nazionale di Fimmg Formazione.

 

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