La settimana scorsa la Camera ha approvato il disegno di legge bipartisan Calderisi-Bressa (Pdl-Pd), che dimezza a 91 milioni di euro, per l’anno 2012, i contributi statali ai partiti rispetto al picco di 182 milioni all’anno raggiunto nel 2010. I soldi risparmiati – è stato detto – saranno assegnati ai terremotati emiliani e alle popolazioni che hanno subito danni per eventi naturali negli ultimi tre anni. S’era detto prima dell’ulteriore tragedia di ieri: buono e utile a maggior ragione oggi, siamo indotti a pensare.

Quel disegno di legge ha però molte ombre che certo non sono chiare a tutti. Innanzi tutto: a quanto ammonta il risparmio di soldi effettivo? E quanto di fatto andrà ai terremotati? Posto che nei prossimi anni la quota di finanziamento pubblico ai partiti era stata già ridotta dalle varie manovre economiche, questo spiega il Sole 24 Ore:

«Se è vero che nel 2012 i rimborsi passeranno da 182 milioni circa a 91 milioni circa, nel 2013 la riduzione sarà dai previsti 160 milioni circa ai 91 circa, con un risparmio di poco più di 69 milioni di euro; nel 2014 il risparmio sarà di 58.440.548 euro e nel 2015 e 2016 di 50.193.278. Una parte di questi risparmi però servirà a coprire l’aumento delle detrazioni previsto dalla stessa legge [che prevede infatti un aumento della detrazione fiscale per chi fa donazioni in favore di partiti, tra i 50 e i 10mila euro, e Onlus: dal 19% attuale al 24% nel 2013, al 26% dal 2014]. Dunque, la Ragioneria stima che gli effetti finanziari complessivi, ovvero il risparmio effettivo per le casse dello Stato, sarà di 69 milioni nel 2013 (quando non ‘peseranno’ ancora le detrazioni), ma di poco più di 2 milioni nel 2014 (quando le detrazioni sono stimate in 56 milioni), di 5 milioni nel 2015 (detrazioni per 44 milioni) e 11 milioni a regime, dal 2016 (detrazioni per 39,3 milioni).»

Non c’è un bel nulla di “dimezzato”, insomma. 

Sul disegno di legge, inoltre, si accumulano molte altre perplessità, che non vengono solo da chi non l’ha votato in aula (Idv, Lega, Radicali, Noi Sud) o vi si oppone fuori dall’aula (Grillo e Vendola). Illuminante è l’articolo di Salvatore Vassallo, deputato Pd che, contro la linea del suo partito, non ha votato la legge, chiudendo così le sue considerazioni:

«Per spiegare un tale zig-zag si dice che “il meglio è contrario del bene”, e che il compromesso con il Pdl non avrebbe retto se il PD non avesse ceduto su questi principi. Ma non è chiaro cosa avremmo ottenuto in cambio dal Pdl, dato che il dimezzamento dei contributi non è certo frutto di una concessione dell’On. Alfano, il quale aveva addirittura millantato l’intenzione di abolirli del tutto. Al netto del dimezzamento [che, come abbiamo visto, nemmeno c’è], rimane una legge monca, che reintroduce un finanziamento pubblico senza vincolo di destinazione, a partiti senza regole, sottratti al controllo della Corte dei Conti. Una legge che a me pare indifendibile e che dunque non ho votato».

Vassallo parla di «legge monca». Ma a suo sostegno c’è una niente affatto monca strategia di mascheramento, da parte dei leader dei maggiori partiti (Alfano-Bersani-Casini) e dei media – stampa, televisione, siti internet – che li affiancano.

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