Il professore Paolo Pileri del Politecnico di Milano ha fatto due conti: in Italia per realizzare un chilometro di autostrada si spendono circa 80 milioni di euro. Con gli stessi soldi si potrebbero collegare Torino a Venezia con una pista ciclabile lungo il Po, 679 mila metri di ciclo via. Questo è il progetto “Vento“, che stando agli studi del Politecnico ripagherebbe l’investimento ogni anno, grazie all’indotto. Il docente di pianificazione urbanistica spiega: “Sono soluzioni semplici e concrete, realizzabili in due anni. Questa è una grande opera: costa poco e genera benefici distribuiti sul territorio. Tutte le grandi ciclabili in Europa hanno salvato pezzi di paesaggio e attivato economie pulite per migliaia di aziende piccole e medie. Se le Regioni non si muovono le riterrò responsabili per il non aver colto il potenziale di sviluppo sottostante. La politica deve muoversi e deve superare i campanilismi“. 

Vediamo i dettagli tecnici: la pista ciclabile in ipotesi, fra le più lunghe d’Europa, praticamente c’è già. Il 15 per cento del tracciato, circa 100 chilometri, è pedalabile ad oggi, ma anche per gli altri 500 non si partirebbe dal nulla. Pileri ha previsto tre fasi di intervento. Nella prima si possono recuperare 284 chilometri al costo di un milione di euro, quindi 4 euro al metro, seguendo l’esempio di ciò che è già stato fatto in Adige e in altre piste ciclabili lungo la Drava o il Danubio, cioè con semplici modifiche di argini e sentieri non utilizzati. Sembra facile ma sottolinea il professore: “Questa parte del progetto è tutta è bloccata dalle regole dell’Aipo (Agenzia regionale fiume Po, ndr). Gli argini devono essere resi agibili grazie al’intervento della politica. In tutta europa lo si fa, come anche in Trentino e la sicurezza dei cittadini non è a rischio (il divieto di accesso agli argini è motivata da disposizioni di sicurezza, ndr)”. Per la seconda fase, altri 148 chilometri servono 18 milioni di euro, quindi 120 euro al metro, per mettere in sicurezza le piste ciclabili che già ci sono. L’ultima parte del tracciato, lunga 145 chilometri è la più costosa perché manca del tutto una infrastruttura pedalabile. Qua i costi lievitano a 420 euro al metro, 61 milioni di euro da spendere in ponti, barriere, segnali e tratti ex novo.   

La ricaduta economica del progetto invece risiede nell‘indotto che potrebbe generare: lungo la tratta ci sono già 2 mila “piccole imprese” tra aziende agricole , bed and breakfast, attività artigianali e commerciali . Inoltre molte altre città non direttamente collegate, potrebbero attirare i ciclisti creando altri sei chilometri di pista ciclabile per raggiungere una delle 115 stazioni ferroviarie lungo il circuito. Dal Politecnico commentano:  “L’impegno di spesa è più che sostenibile, se diviso fra tutte le Regioni, Province e amministrazioni interessate, manca un impegno concreto. È una questione politica e noi chiediamo ai politici di impegnarsi. Inoltre non sarebbe un’opera che fa arricchire uno o pochi ma molti, si parla di crescita economica distribuita“. In europa progetti simili portano alle economie locali dai 72 ai 91 milioni di euro l’anno, grazie alla presenza di oltre 155 mila turisti.

Il tracciato prevede la partenza dal Lido di Venezia. Poi si arriva a Chioggia in traghetto, si pedala verso il Polesine e si raggiunge il canale di Burana. Da lì si prosegue sul Po fino all’altezza di Pavia, dove si devia sulla ciclabile del Naviglio Pavese e con questa si arriva a Milano, dove le ipotetiche vie d’acqua di Expo consentirebbero una visita ai padiglioni dell’esposizione. Quindi il tracciato prevede che si ritorni sul Po e si prosegua in terra piemontese, fino a Torino. Tra i Comuni toccati, Pavia, Cremona, Ferrara, Piacenza, Chivasso, Casale Monferrato. E poi centri minori come Guastalla, Bondeno, Revere, Frassineto Po, Sermide. 

Il Fatto ha provato a sondare l’umore delle quattro Regioni interessate, ad oggi ci hanno risposto in due Piemonte e Veneto. Per l’assessorato alla viabilità del Piemonte: “Il progetto è molto interessante ma al momento è difficile da finanziare, per noi la priorità è trovare fondi per il trasporto pubblico urbano, forse l’assessorato al Turismo potrebbe interessarsene”.

Dal Veneto invece l’assessore Renato Chisso ci dice: “Per la parte veneta l’itinerario lungo il Po è inserito nel nostro Master Plan delle piste ciclabili. Insomma per noi una pista ciclabile lungo il Po non è una fantasia ma una ipotesi seria. L’ipotesi progettuale del nostro Master Plan riguarda interamente la sponda sinistra del grande fiume, mentre la proposta presentata a Milano tiene evidentemente conto anche di altri percorsi. Ma nella sostanza il corridoio modale ciclabile è quello”. Per quanto riguarda un suo possibile finanziamento: “Il fatto che sia già prevista dal Master Plan costituisce per noi un criterio di priorità a supporto di eventuali finanziamenti che si rendessero disponibili. Per noi sarebbe un’ulteriore motivo di attrazione anche turistica, una opportunità straordinaria per tutti gli appassionati di slow tourism. Al momento mancano risorse regionali sufficienti e spendibili per questa ipotesi. Personalmente credo che, di pronte ad una idea progettuale come quella prospettata a Milano, sia necessario arrivare anzitutto ad un coordinamento interregionale e con lo Stato e le sue articolazioni territoriali interessate, per avere tutti gli assensi necessari ed elaborare un vero progetto di fattibilità”. 

Per approfondimenti è possibile guardare alcuni video realizzati dai ricercatori oppure iscriversi alla pagina facebook dedicata all’iniziativa.

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