La spending review si abbatte adesso anche sui banchi dell’Assemblea capitolina. La lettera inviata due giorni fa ai sessanta consiglieri di Roma Capitale parla chiaro: è arrivato il momento di “contenere le spese”. Niente più maxi rimborsi per missioni, “in Italia e all’estero”, e spese di rappresentanza. La nuova linea economica imposta dal segretario generale di Roma Capitale, Liborio Iudicello, mette fine così allo sfarzo di alcuni consiglieri. Dicano addio insomma a voli in business class, prima classe (o executive, come la chiama adesso Trenitalia) sui treni, soggiorni in hotel cinque stelle e cene gourmet. Da adesso solo voli low cost. E non basta perché le spese saranno riconosciute solo nel caso in cui dalle missioni “derivi all’amministrazione – si legge sulla lettera inviata dal direttore Vitaliano Staccioli – un rilevante ritorno in termini economici, concreto e certo”.

Troppo per i consiglieri comunali (di maggioranza e opposizione). A innescare “la rivolta dei sessanta” è il Pdl Federico Mollicone: “Questa è una vera e propria umiliazione per chi, come noi, arriva a lavorare persino 18 ore al giorno”. Può capitare però che qualche giorno si faccia sega e si diserti in massa l’aula Giulio Cesare, anche se c’è il bilancio da approvare, come è accaduto poche settimane fa. Ma questo è un altro discorso. “Noi siamo eletti dai cittadini – continua Mollicone – lui invece (ndr. il segretario Iudicillo) è un tecnico, che guadagna per di più cifre esorbitanti, e non può permettersi di trattarci in questo modo”.

“Si, è giusto che non si sprechino risorse – abbozza il Pd Antonio Stampete – ma non sempre siamo in grado di assicurare il guadagno economico dell’amministrazione. Siamo consiglieri comunali, mica agenti di commercio. E poi chi è che vuole rischiarsi un esposto alla Corte dei Conti? Di conseguenza non ci sarà più nessuno che vorrà andare in missione”. Nella lettera viene infatti chiesto ai consiglieri “di prestare massima attenzione anche e soprattutto ai profili di legittimità della missione, a prescindere dal fatto che comportino o meno un costo per l’amministrazione”.

Quasi intimidatoria invece la comunicazione inviata ai direttori dei diciannove municipi della Capitale, a firma proprio del segretario generale di Roma Capitale, relativa ai cosiddetti rimborsi chilometrici di cui beneficiano i consiglieri municipali: “Qualora dovessero risultare anomalie o incongruenze non giustificabili non potrà procedersi ad alcun rimborso e nel caso emergessero profili di responsabilità, anche solo omissivi, (ndr. i direttori dei municipi) provvederanno a produrre apposita denuncia ai competenti organi dell’autorità giudiziaria”. Nei parlamentini infatti alcuni consiglieri con la residenza in altre provincie, se non in altre regioni – magari poi con il domicilio a Roma – percepiscono all’anno cifre superiori anche ai 20 mila euro come rimborsi viaggio, presentando semplicemente delle dichiarazioni. Non c’è nessun “obbligo di produrre ricevute e titoli di viaggi”, come sostiene il direttore di uno dei municipi. C’è chi addirittura prende, di proposito, la residenza in un’altra regione. “Di recente – ricorda il consigliere pd nel IV Municipio, Paolo Marchionne – un collega consigliere è andato a vivere a 755 km di distanza, addirittura fuori dal continente, in provincia di Messina”.

Ma a Iudicello questo andazzo non piace proprio. Il segretario generale esprime dubbi sui flussi di viaggio di alcuni consiglieri “del tutto inconsueti quanto all’impegno di norma richiesto dall’espletamento della carica”. E perfino sulle attività delle Commissioni Consiliari di alcuni Municipi: “come già osservato dalla Corte del Conti, venivano convocate riunioni in relazione ad argomenti del tutto speciosi che, in quanto privi di un apprezzabile rilievo amministrativo, finivano per assumere un mero intento strumentale, determinando oneri ingiustificati a carico del bilancio dell’Ente”.

Le verifiche ai fini della liquidazione del rimborso dunque, che ne dica qualche sprovveduto direttore di municipio, vanno fatte e anche con rigore: nel caso di residenza in un altro comune, gli uffici dovranno anche avere “contatti diretti con le competenti strutture dell’amministrazione comunale di residenza dichiarata”.

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