E’ il titolo di un libro di Rachel Carson, pubblicato nel 1962, che descrive, sulla base di una corposa documentazione scientifica, i danni irreversibili di DDT e pesticidi in genere sia sull’ambiente che sugli esseri umani. Il titolo deriva dalla constatazione del progressivo silenzio nelle campagne, a primavera, per la diminuzione degli uccelli canori provocato dall’utilizzo massiccio di insetticidi.

Questo libro mi è tornato in mente di fronte alla notizia che sono stati di recente reintrodotti sul mercato italiano il “Basta 200“, erbicida fogliare – prodotto già in precedenza sospeso in quanto classificato come “tossico ambientale” – e che sono state rinnovate deroghe per l’utilizzo di triciclazolo e del Vydate 10 per 120 giorni, quest’ultimo contenente come sostanza attiva l’Oxamil già classificata come “tossico – pericoloso per l’ambiente“. Un comunicato stampa a questo proposito si può leggere qui.

Le preoccupazioni ivi espresse sono oltremodo condivisibili e davvero non si capisce come possa l’UE sancire con l’articolo 191 la necessità del rispetto del Principio di Precauzione, ribadire tale principio anche nel recentissimo settimo rapporto del Parlamente Europeo su Ambiente e Biodiversità e non operare concretamente in tale direzione.

Ma perché i pesticidi preoccupavano già negli anni 60′ la Carson ed oggi ancor più, medici, ricercatori indipendenti e comunità intere? Innanzi tutto per il loro negativo impatto sulla biodiversità: è di questi giorni la notizia dell’ennesima moria di api; la scomparsa delle api è un problema di gravità inaudita sia per l’importanza che questi insetti rivestono per l’impollinatura, sia per le ricadute economiche legate ai loro prodotti (miele, polline, ecc.). Ma non sono certo solo le api a soffrirne: intere comunità di insetti, altri invertebrati ecc. sono tutti sottoposti ad un silenzioso eccidio.
Un altro effetto spesso trascurato è l’impatto sul suolo: ad es. con il diserbo chimico le erbe disseccate muoiono anche a livello dell’apparato radicale e non svolgono più la fondamentale funzione di trattenimento del terreno che così, in presenza di pioggia si disgrega e viene dilavato, aumentando il rischio idrogeologico e tutto ciò che ne consegue. Queste sostanze poi si ritrovano anche nelle falde superficiali e profonde (compresi anche principi attivi messi fuori legge da decenni come l’atrazina – e nelle acque si rileva anche (nei pochi posti in cui viene ricercato) il Glifosate, il dissecante cui dobbiamo il malinconico e deprimente spettacolo dei kilometri di strisce rossastre che costeggiano le nostre strade in primavera, irrorate proprio nel momento in cui la Natura si risveglia.

Perché non usare i tradizionali metodi meccanici di sfalcio? Davvero conviene sostituire con la chimica il lavoro dell’uomo? Se poi parliamo di salute bisognerebbe fosse chiaro una volta per tutte che la “sicurezza” ed il rispetto di limiti di legge non sono affatto una reale tutela della salute umana, in particolare di quella infantile. Questa rappresentazione è frutto di un approccio riduzionista, estremamente limitativo, che tiene conto cioè solo del singolo principio attivo, ma non dell‘effetto “cocktail” che si realizza all’interno dei nostri stessi corpi per la presenza di centinaia di sostanze pericolose e persistenti e delle mille altre variabili che entrano in gioco negli organismi viventi e solo in mimnima parte prevedibili (interazioni, sinergie, passaggio di queste molecole da madre a feto, particolare suscettibilità degli organismi in accrescimento ecc). Di fatto queste molecole, oltre che ad essere associate ad aumento di rischi tumorali, specie a carico del sangue, hanno molto spesso un’azione di “interferenti endocrini”, ovvero interferiscono con delicatissimi equilibri e la letteratura segnala come l’ esposizione a questi agenti si associ ad un aumentato rischio di patologie a carico di apparati e sistemi quali quelli: riproduttivo, immunitario, metabolico, neuropsichico, ormonale….

Chi ha mia età ricorda primavere cinguettanti e dai mille colori: rondini, fringuelli, farfalle, lucciole, tripudio di fiori nei campi e di papaveri rossi. Ormai le rondini le vediamo solo disegnate sulle barriere anti rumore e al posto del rosso dei papaveri le strade sono costeggiate dal deserto rossastro che lascia il glifosate: non è questa la Primavera che vogliamo. Permettiamo alla Natura di farci vedere i suoi colori, inebriarci dei suoi profumi, ascoltare i suoi suoni: una “primavera silenziosa” non è la stagione in cui la vita rinasce e ci rigenera, ma una stagione in cui con questi veleni spargiamo morte e deserto intorno e dentro di noi. 

Aggiornamento del 24 maggio 2012, ore 11.35

Ricevo e pubblico una replica del Sig. Gaudiano al mio post, seguita dalla mia controreplica

Egregia dott.ssa Gentilini,
mi chiamo Cosimo Gaudiano e sono laureando in Scienze Forestali. Ho letto con attenzione il suo articolo, pubblicato sul suo blog su “il Fatto”, ma rimanendo estremamente deluso dalle sue conclusioni. Non si può mettere sullo stesso piano gli effetti di DDT, Glifosate e altri insetticidi-ematocidi.

Inoltre vi è la necessità di conseguire un patentino per l’uso e l’acquisto di “fitofarmaci”, oltre che la valutazione della necessità dell’uso dei predetti prodotti, proprio per evitare l’uso scorretto di sostanze che possono risultare pericolose per l’uomo e l’ambiente.

La invito a leggere meglio le direttive UE che lei critica, partendo proprio da quella che dal 2014 obbliga i frutticoltori a conseguire la certificazione di “agricoltura integrata” per le proprie produzioni.

Se cerca un argomento su cui indignarsi potrebbe iniziare dagli scandalosi servizi televisivi di “Striscia la Notizia” che riguardano l’insetto “Punteruolo rosso delle Palme”, in cui si vedono fiori di stregoni inventare strane miscele delle più diverse sostanze da usare contro questo parassita.

Non vengono menzionate le leggi che regolano l’uso di fitofarmaci registrati per specifiche malattie su specifiche varietà vegetali, facendo credere che nelle università italiane non ci si interessi di questi nuovi insetti parassiti e mandando un messaggio verso il loro vasto pubblico: usate quello che credete contro questi insetti.

Nella speranza che questo sia un punto di riflessione.

Saluti,
Cosimo Gaudiano

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Gentile Sig. Gaudiano, 

prendo atto di quanto mi scrive e mi scuso per il ritardo con cui rispondo ma davvero non mi è stato possibile farlo prima.

Intanto La ringrazio perché le sue critiche mi permettono di esplicitare meglio il mio pensiero, che, indubbiamente, è molto lontano dal suo.

A maggior ragione quindi un sereno confronto può risultare proficuo.

Le segnalo pertanto alcuni spunti di riflessione che, spero, possano esserLe comunque utili per arricchire la Sua formazione umana, quand’anche non fossero condivisi.

Le segnalo ad esempio che la Società Svedese di difesa della Natura ha di recente lanciato la Campagna “Save the Men” in quanto, dopo decenni passati per difendere specie di animali ed uccelli in estinzione, ha ora focalizzato il proprio impegno sul fatto che è la stessa specie umana ad essere a rischio di estinzione per i profondissimi cambiamenti introdotti nel giro di poche generazioni sul nostro pianeta ed in tutto ciò agricoltura chimica e pesticidi non hanno certo un ruolo marginale!

Ciò che Lei cita (patentino, certificazione Ue ecc) non sono a mio modesto parere (ma non solo mio ovviamente ) elementi sufficienti per stemperare le preoccupazioni circa l’utilizzo e la diffusione di queste molecole; preoccupazioni che sono viceversa crescenti come testimonia anche il recente riconoscimento del Morbo di Parkinson in Francia come malattia professionale.

Come prossimo Dottore in Scienze Forestali mi permetto di invitarLa a leggere – se già non li conosce-  il documento dell’Ue: Late lessons from early warnings: the precautionary principle 1896-2000 e l’articolo del Prof. Michele Corti.

Molti cordiali saluti ed in bocca al lupo per la Sua laurea,
Patrizia Gentilini

 

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