Facessimo un sondaggio tra chi ne mastica, una cosa del tipo “chi è l’emblema del rock and roll del dopo punk e post-punk, diciamo approssimativamente dalla metà degli Ottanta in poi?”: scommetto quello che volete, ne uscirebbe vincitore Jon Spencer. La nostra storia inizia proprio a quell’epoca, nel lontano 1986, quando i neonati Pussy Galore buttano fuori in poche centinaia di copie una cassetta di cover di Exile On Main Street dei Rolling Stones. I Pussy Galore, leggendari sin dal nome, erano composti da Jon Spencer, Neil Hagerty e Bob Bert, colui che era stato il batterista dei primi album dei Sonic Youth, fino a Bad Moon Rising, prima di lasciare il posto a Steve Shelley. Avrete dunque già intuito che la città è New York City ma la viscerale carica garage proto-punk è semmai quella della Motor City, della Detroit di fine Sessanta: del resto a voi cosa viene in mente se dico Right Now e Motherfucker? Non so voi ma io penso immediatamente a Rob Tyner, il cantante degli MC5, che urla “Right now… right now… right now it’s time to… KICK OUT THE JAMS, MOTHERFUCKER!”! Guarda un po’: Right Now (1987) e Dial M for Motherfucker (1989) sono i primi album dei Pussy Galore. Se il primo è costituito da brevi e grezze schegge garage, il secondo è probabilmente il disco più ispirato della band nonché un classico dell’epoca: lo stile è sempre irruento ma più articolato e sperimentale e la forma canzone che ne esce prefigura chiaramente e con anticipo ciò che accadrà più tardi con la Blues Explosion.

Il canto del cigno, nel ’90, sarà una colossale presa per i fondelli in puro stile punk e situazionista: un disco intitolato Historia De La Musica Rock, sin dalla veste grafica perfetta parodia di una delle uscite di una collana spagnola da edicola, in tutto e per tutto analoga a quella che in Italia venne pubblicata a fascicoli negli Ottanta con il nome di La grande storia del rock. Altroché internet…  a quei tempi il vinile lo vendevano persino gli edicolanti! Sarà stato forse per omaggiare Pussy Galore, la protagonista femminile di Goldfinger, che il disco “fuori collana” portava stampato il numero progressivo 007.

A quel punto cosa fanno i nostri eroi? Prendono per mano le loro rispettive fidanzate e se ne vanno per la loro strada: Neil Hagerty e Jennifer Herrema fondano i Royal Trux mentre Jon Spencer e la sua pussy, la bella Cristina Martinez, danno alla luce il primo album dei Boss Hog per Amphetamine Reptile sotto la supervisione del produttore simbolo dell’epoca ovvero Steve Albini. Sarà ancora una volta l’impareggiabile leader dei Big Black e degli Shellac ad accompagnare la nascita della Blues Explosion di lì a poco: Crypt Style, che raccoglie le prime prove del gruppo, ritrae significativamente Jon Spencer, Russell Simins e Judah Bauer con il volto truccato e lo sguardo languido ed effeminato alla New York Dolls. Con il passaggio alla Matador arriveranno i capolavori della nuova band: in assoluto l’anno di grazia è il 1994, con l’uscita di Extra Width e Orange, apice stilistico e discografico di una carriera esaltante, pur se in un ideale trittico di essenziali inseriamo anche il seguente Now I Got Worry. Altre buone prove giungono in seguito, come Acme, punto di snodo e produzione abbastanza differente dalle precedenti, frutto di un lavoro a più mani e di diverse matrici, ma lo scorso decennio è caratterizzato soprattutto dalla nuova collaborazione di Jon Spencer con Matt Verta-Ray che ha dato vita ad Heavy Trash

Quel che è più importante sottolineare è che ho avuto l’opportunità di vedere dal vivo la Blues Explosion l’anno scorso, al Primavera Sound di Barcellona, e posso assicurare che ha saputo arroventare il catino straripante del palco ATP con uno show eccezionale, d’altri tempi. A dimostrazione del fatto che Jon Spencer fa ancora parte della cerchia ristretta ed in pericolo di estinzione di quegli animali da palco che fanno del carattere e del carisma la loro arma in più. Motivo per cui il concerto della sua Blues Explosion, sabato 12 maggio al Locomotiv di Bologna, è un appuntamento cui non ci si può proprio sottrarre.

 

 

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