Per accedere ai contributi pubblici i quotidiani nazionali devono vendere almeno il 30% delle copie distribuite, che sale al 35% per i quotidiani locali. I costi ammessi sono solo quelli fondamentali di produzione e l’azienda deve essere in regola con il fisco e le aziende editoriali non potranno avere contributi dallo Stato superiori a quelli ricevuti nel 2010. Sono queste le linee guida dei due provvedimenti in tema di editoria approvati dal Consiglio dei Ministri e presentati dal sottosegretario Paolo Peluffo. Si tratta di un decreto che riordina i contributi al settore e un disegno di legge delega che ridefinisce il sostegno legislativo all’editoria dal 2014. 

Per le testate nazionali (quelle cioè distribuite in almeno 5 regioni, con una percentuale di distribuzione in ciascuna non inferiore al 5% della distribuzione complessiva) il rapporto è aumentato dal 15% al 30%. Per quelle locali dal 25% al 35%. Questo meccanismo è mirato a far diminuire i costi di distribuzione e stampa, spingendo le imprese a rendere più efficiente la propria rete distributiva. In ogni caso, il contributo per ciascuna azienda non può superare quello calcolato in misura piena per l’anno 2010. 

Il secondo tratto distintivo del dl è quello di porre fin da subito (contributi erogati nel 2013) alcuni limiti ai costi ammissibili per calcolare l’importo del contributo statale. I costi ammessi sono solo quelli fondamentali di produzione e quelli relativi ai livelli effettivi di vendita. Il contributo “variabile” viene calcolato esclusivamente sulle copie vendute. Si escludono dal computo le copie diffuse in blocco e tramite “strillonaggio”. Inoltre, non sono più ammessi al calcolo del contributo le spese per materiali di consumo e promozionali e, in particolare, consulenze e “service”.

Saranno rimborsati nella misura del 50% i costi relativi a giornalisti, personale, stampa, distribuzione. E, ancora, per accedere al contributo l’impresa deve risultare in regola con gli adempimenti tributari verso lo Stato. Infine i criteri per il calcolo dei contributi sono applicati anche ai giornali organi di partito e assimilati. Per garantire l’adeguamento alle nuove esigenze del mercato dell’editoria, il decreto prevede inoltre che le imprese che hanno già ricevuto i contributi possano passare alla pubblicazione digitale, anche in via non esclusiva. Le imprese editrici che diffondono esclusivamente on line possono usufruire di un sostegno di durata biennale, a condizione che rispettino effettivamente la propria periodicità e siano accessibili (in digitale) anche a titolo oneroso. Il contributo consiste nella copertura del 70% dei costi e nella corresponsione di 0.10 euro per ciascuna copia venduta in abbonamento. E’ inoltre previsto un credito d’imposta di cui beneficeranno i punti di vendita che aderiranno ad una rete informatica che consentirà, tra l’altro, una maggiore efficienza delle imprese editoriali, attraverso la tracciabilità delle vendite e delle rese dei giornali. Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri assicurerà il coordinamento degli spazi dedicati alla pubblicità istituzionale, anche per una maggiore razionalizzazione della spesa complessiva.

Le linee guida del provvedimento – si legge nel comunicato del Cdm – intendono “razionalizzare, semplificare, rendere trasparenti e migliorare la qualità dei contributi pubblici destinati all’Editoria, tenendo conto di tre esigenze”, che consistono nel “contribuire al conseguimento del pareggio di bilancio pubblico”, “indirizzare le imprese verso l’innovazione e verso comportamenti aziendali coerenti con la trasformazione del mercato” e “realizzare in pieno l’obiettivo di tutela del pluralismo e sostegno alla effettiva fruizione di prodotti editoriali reali”. 

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