Ho 20 anni, sono nata nel post Mani Pulite ed alle soglie del baratro berlusconiano, e mi chiedo chi è e cosa possa rappresentare adesso Indro Montanelli. Provo ad attingere alle sporadiche, non esaustive conoscenze che ho, tentando di trovare una chiave di lettura nello stravagante rapporto tra un giornalista defunto ed un adolescente qualunque del 2012; tentando di vedere le cose del passato come parte integrante del presente, non come idee, figure astratte, forme prive di contenuto.

 

L’insegnante insegna, il pescatore pesca. Il giornalista informa. Questa è per i più (speranzosi) un’evidenza; ma in Italia, dove in effetti gli imprenditori fanno politica, è un principio largamente disatteso.

 

Se si vuole fare dibattito politico possiamo criticare con i toni più aspri e critici le idee di Montanelli, incagliandoci però in una discussione senza la parte in causa; concentrandosi su ciò che di lui rimane nel giornalismo possiamo invece restituire spessore postumo a questa figura: il suo era un giornalismo indipendente, la sua testa non era stata comprata, la sua penna era per i lettori.

 

Procedendo su questa traiettoria non rischiamo ne’ di farne un’apologia ne’ di appiattirlo. Scopriamo così un giornalismo non malato di protagonismo, ne’ di populismo, il cui fine era democratizzare l’informazione, le conoscenze, così che chiunque lo desiderasse, vi potesse accedere. Non omologandosi e non tentando di omologare, fornendo i mezzi, ovvero i fatti, attraverso cui il lettore potesse sviluppare capacità critica.

 

Credo non ci si debba indignare per un giornalismo schierato, perchè laddove ci sono opinioni c’é schieramento; indignamoci per un giornalismo-macchina di marketing, assoggettato alle logiche del profitto e del mantenimento del potere.

 

In uno scenario vagamente apocalittico, ma non per questo meno realista, zombie col tesserino del giornalista vengono stipendiati per fare propaganda a taluno o talaltro prodotto-personaggio; per manipolare, modificare, nascondere informazioni; per pubblicizzare idee che sono d’altri. Comodamente seduti sul divano possiamo osservare con attenzione ore di vuoto culturale, intervallate dai cari momenti di pubblicità; spostandoci casualmente dalla tv al computer vediamo come sottilmente (ma non troppo) si tenti di combattere le democrazia della rete, imponendo una censura ed un filtro a certe informazioni; qualunque sia il mezzo, si vuole cercare di sopprimere quelle voci (di giornalisti, studenti, lavoratori) che provano a creare nuove forme di dibattito, più democratico, nuove conoscenze e nuove soluzioni.

 

Un tour delirante, che descrive bene le condizioni di un paese e di un sistema che non vogliono creare opinione.

 

Ho 20 anni, sono nata nel post Mani Pulite ed alle soglie del baratro berlusconiano, e mi chiedo chi è e che cosa possa rappresentare adesso Indro Montanelli. Scrivo questo racconto alla fine (forse) dell’era berlusconiana, ma senza che si sia combattuta la confusione nei mestieri: ora sono i banchieri che fanno politica.

 

Non servono modelli di grandi del passato a cui ispirarsi, serve però una consapevolezza lucida che c’è sempre stata una battaglia più o meno sottile, più o meno consapevole, per affermare la necessità di autonomia e di indipendenza di pensiero. Serve creare opinione, creare dibattito, creare alternative in un sistema omologante, perseguendo l’obiettivo, nient’affatto irragionevole, di un sapere libero e comune.

 

Montanelli è stato, pur con le sue idee, un protagonista di questo percorso.

Cinzia Settembrini