Primo maggio a New York di protesta per i lavoratori di Rai CorporationLa storica sede della televisione italiana è stata chiusa e i dipendenti sono rimasti a casa. A salvarsi dalla scure dei tagli “solo” i giornalisti delle testate, Tg1, Tg2, Tg3 3 Rainews, e i montatori. Tutti gli altri, trentotto impiegati che in alcuni casi si erano trasferiti dall’Italia negli Usa, a casa. E proprio da oggi i beni della sede, compresa l’archivio storico di Rai America, vanno all’asta. Oltre cinquanta anni di storia in immagini non saranno più patrimonio dell’azienda pubblica. Dopo la manifestazione davanti al consolato italiano ieri, nel giorno della Festa dei lavoratori, i licenziati, “armati” di cartelli, hanno manifestato davanti all’Ap, dove la Rai, che a quanto pare dovrà continuare a pagare per anni l’affitto dei locali dove c’era la sede, ora lavora in appalto. I licenziati hanno organizzato una raccolta di firme in tutta New York e hanno creato un pagina Facebook, aperta il 12 aprile scorso, che viene aggiornata di continuo. Nello stesso piano di riduzione costi della Rai sono già avvenute le chiusure delle sedi di Los Angeles, Montevideo e anche Canada.

“La Rai ha licenziato ingiustamente 38 impiegati nel mezzo delle contrattazioni sindacali – scrivono nell’appello che gira in questi tra le mani degli italo americani della Grande mela – lasciando le loro famiglie senza stipendio e senza assistenza medica e privando la comunità italo americana delle su trasmissioni televisive”. I lavoratori chiedono quindi di supportare la causa scrivendo al direttore generale della Rai Lorenza Lei. Nei giorni scorsi erano stati annunciati tagli per 46 milioni di euro che hanno scatenato polemiche anche tra le testate

Accanto ai lavoratori sono scesi i sindacati. “L’attuale dirigenza Rai ha dimenticato e disatteso i fondamentali doveri etici, sociali, di diligenza e di moralità nella gestione del servizio pubblico radiotelevisivo e dei suoi lavoratori – sostengono insieme le sigle sindacali Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Snater – Si liquida o peggio distrugge l’inestimabile archivio audiovisivo di 51 anni di racconti italiani nel continente americano. Dopo il progressivo impoverimento della programmazione televisiva e degli inspiegabili sperperi economici strumenti della cattiva politica, è stato avviato nei fatti uno sfuggente ma preciso smantellamento della televisione di Stato e delle sue articolazioni in favore di nascosti poteri economici”.

 

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